MINISTRO GENTILONI, LEI E' STATO A RIGA E, NON CI RISULTA CHE ABBIA SPESO UNA PAROLA PER SOLLEVARE IL PROBLEMA DEI NON CITTADINI: SI VERGOGNI.


Lettonia, il Paese degli alieni

Aleksandr Filei ha un passaporto strano. Ha una copertina di colore diverso dagli altri e sopra c’è scritto nepilson, «non cittadino». Aleksandr è nato e vive in Lettonia, ma non è cittadino lettone, né di nessun altro Paese. È un soggetto con uno status nuovo, che in queste proporzioni non esiste da nessun’altra parte del mondo. «Ci sentiamo come se fossimo stati privati di qualcosa», dice Aleksandr, «E questo passaporto viola è un simbolo del furto, un marchio». Come lui ci sono almeno 300mila persone in Lettonia che non possiedono alcuna cittadinanza, circa il 14% dell’intera popolazione (ma che arrivano a più del 20% nella capitale, Riga). Non sono apolidi, ma nemmeno cittadini di uno Stato estero, sono piuttosto cittadini di uno Stato fantasma, uno Stato che da vent’anni non esiste più, l’Unione Sovietica.

SCARTI DELLA STORIA
I nepilson sono un drop out della Storia, vite macinate tra le maglie dei grandi avvenimenti del XX secolo, un problema che affonda le radici nella disgregazione dell’Urss e nel risentimento dei lettoni per un’occupazione durata cinquant’anni.
Dopo la fine del conflitto mondiale, con i confini disegnati a Jalta dai vincitori, molti furono i russi che andarono a vivere nella nuova repubblica sovietica, anche a causa della politica staliniana di russificazione della regione baltica. I nuovi arrivati e i lettoni erano però uguali davanti alla legge, cittadini sovietici, e in fondo nulla a parte la lingua madre distingueva loro e, soprattutto, i loro figli nati lì, che frequentavano le stesse scuole e università e prestavano il servizio di leva nello stesso esercito. Questo fino al 1991. Con l’indipendenza dall’Urss il problema si materializzò d’un colpo sotto forma di leggi draconiane sulla naturalizzazione, insormontabili ostacoli burocratici e, appunto, un passaporto con la copertina viola. La corsa a costruire un nuovo Paese da zero pose altre priorità - l’economia, le infrastrutture, l’adesione alle organizzazioni internazionali - e la questione delle minoranze scivolò in fondo all’agenda dei governi. Una legge del 1995 ha infine confinato gli ex cittadini sovietici non lettoni nel limbo della «non cittadinanza», che dura ancora oggi.
«Nel 1991, durante la lotta per l’indipendenza, il Fronte nazionale lettone promise la cittadinanza a tutti quelli che avrebbero appoggiato l’indipendenza del Paese - dice Aleksandr -. Siamo stati traditi, anche quelli di noi che si sono battuti contro l’Urss. Siamo stati abbandonati». Aleksandr è tra i compilatori di una proposta di legge supportata dal partito di sinistra Zapcˇel per il riconoscimento automatico della cittadinanza a tutti i non cittadini, ma nella vita fa la guida turistica. «Non possiamo fare un sacco di lavori, moltissime carriere pubbliche ci sono precluse: giudice, avvocato, poliziotto. Non posso neanche lavorare come guardia giurata». Sono circa una trentina i lavori negati ai nepilson, secondo il Comitato lettone per i diritti umani Lck, ma sono ben ottanta le differenze tra cittadini e non cittadini se si contano tutte le limitazioni dei diritti, dal diritto di voto all’impossibilità di acquistare alcune proprietà immobiliari. È una lunga lista di discriminazioni.

UNA QUESTIONE DI NOMI
Juri Petropavlovski è un nepilson. È nato a Riga 57 anni fa, la sua famiglia è originaria della Siberia ma è trapiantata in Lettonia da due generazioni. «Qualunque cittadino dell’Ue, dopo sei mesi di residenza in Lettonia può comprare un immobile, io no». Si arriva a risvolti grotteschi: Louie Fontaine, un cantante danese, e perciò cittadino dell’Ue, è proprietario di un hotel a Liepaja, a 200 chilometri da Riga, ed è stato eletto nel consiglio comunale di quella città. «Io non potrei neanche candidarmi, né a Liepaja né altrove».
La questione burocratica affonda in quella etnica, sovrapponendosi in parte a essa, ma creando anche molta confusione. «Tutto si basa sulla distinzione tra persone di etnia lettone, che vengono chiamati lat, e di etnia russa, che sono chiamati semplicemente russi. Questo crea una grande malinteso, perché sembra che noi minoranza russofona siamo arrivati in Lettonia dalla Russia, come fossimo stranieri. Ma non è così, noi siamo nati qui, proprio come le persone di etnia lettone». Per spiegarlo meglio, Juri deve fare ricorso alla propria lingua. «In russo la distinzione è meno marcata e più chiara allo stesso tempo, perché usa parole con la stessa radice: latyš per le persone di origini lettoni, e latviets per le minoranze etniche nate e vissute qui, legate al territorio della Lettonia. Il punto è proprio questo: lat e russofoni sono entrambi lettoni».
Juri si è visto rigettare la domanda per l’acquisto della cittadinanza dopo aver preso parte alle proteste contro una riforma della scuola che avrebbe cancellato l’insegnamento del russo. «Nel mio caso, è stato stabilito che l’acquisto della cittadinanza è basato sulla “lealtà politica”. Non esiste in nessun Paese democratico che si condizionino i diritti civili di una persona alla lealtà verso una qualsiasi parte politica». Ha intentato una causa che è arrivata fino alla Corte suprema senza che venisse presa una decisione.
Lo scorso settembre la proposta di legge stilata dagli attivisti di Zapcˇel ha raccolto le firme necessarie per essere presentata in parlamento. «L’unica via per cambiare le cose è l’iniziativa popolare», dice Aleksandr Kuzmin, membro del comitato referendario: «In parlamento è troppo forte la resistenza dei partiti al governo. Dare la cittadinanza ai nepilson, che appartengono al 99% alla minoranza russofona, significherebbe creare un enorme bacino di voti a favore delle opposizioni. La destra è al governo da vent’anni, gli interessi politici dietro il problema dei non cittadini sono troppo forti».
Per la proposta di legge sono state raccolte 12mila firme, 2mila in più del minimo richiesto dalla Costituzione. Le firme sono ora al vaglio della commissione centrale elettorale che, se ne riconoscerà la validità, dovrà inviare la proposta al parlamento, il quale a sua volta voterà se trasformarla in legge o meno. «Ma noi sappiamo che non lo farà, e allora la proposta sarà automaticamente sottoposte a referendum popolare», Kuzmin ne è sicuro. Ma è qui che si verifica il paradosso più grande, perché i non cittadini, i diretti interessati all’esito del referendum, non godono dei diritti politici, non potranno cioè votare in favore della proposta di legge. Il loro futuro dipenderà ancora una volta dai cittadini lettoni.

UNA FERITA NELL’EUROPA
«Nessuno vuole risolvere il problema»: Aleksandr Filei va al cuore del problema. «La Russia non ha interesse a intervenire, perché gli uomini d’affari russi non vogliono rompere i rapporti commerciali con la Lettonia. Ma anche l’Ue non ha fatto niente per aiutarci». Eppure la questione dovrebbe toccare l’Europa molto da vicino. Perché, è bene ricordarlo, i possessori di quei passaporti viola, i non cittadini della Lettonia sono non cittadini dell’Unione europea. Questo vuol dire, tra le altre cose, che i nepilson non godono pienamente della libera circolazione come tutti gli altri e per andare in alcuni Paesi hanno addirittura bisogno del visto. Ma chiaramente il problema va ben oltre il regime dei visti: l’esistenza nel territorio dell’Unione di una grossa comunità di persone private dei diritti civili più basilari è una ferita profonda al cuore dell’Europa e delle sue istituzioni.
Ottenere la cittadinanza non è impossibile. Chi presenta la domanda di naturalizzazione deve poter dimostrare di risiedere in Lettonia da prima dell’indipendenza e di non possedere la cittadinanza di nessun altro Paese, ma soprattutto deve superare un esame di lingua lettone. Sono sempre di meno quelli che riescono a completare la trafila: «Solo duemila nepilson hanno ottenuto il passaporto lettone lo scorso anno. Il test di lingua è diventato sempre più difficile, basta vedere quanti non riescono a superarlo. E parliamo di gente che è nata qui - continua Filei -. Nessuno parla di questo aspetto. Dovrebbe essere un esame per la verifica della conoscenza della lingua lavorativa e invece è pieno di domande sulla Costituzione lettone. Addirittura adesso se fai alcuni errori nel test scritto rischi di perdere il lavoro, quindi molti non vogliono neanche provarci».

DUE LINGUE E UN SOLO PAESE
La questione della lingua si ripercuote direttamente sui rapporti tra le due comunità e sulla loro integrazione e rischia di minare la coesione sociale del Paese. Secondo Kuzmin questo è un falso problema: «Ce n’è semmai uno che riguarda la disoccupazione, che tra i russofoni è più alta rispetto alla media nazionale per le maggiori difficoltà di accesso al mercato del lavoro. E poi c’è molta sfiducia nel sistema politico, ma non parlerei di problemi di integrazione». Aleksandr Filei la pensa in maniera leggermente diversa. «Ho tanti amici latyš, ma con loro è meglio lasciar stare gli argomenti politici», dice prima di lasciarsi andare a un accesso di nostal’gja inusuale per i suoi 24 anni: «Nei tempi sovietici non si parlava neanche di integrazione, nessuno badava alla nazionalità di provenienza dei cittadini, tutti vivevano in amicizia. Il rispetto delle minoranze era una cosa scontata in Urss, ma ora il governo lettone vuole scardinare un società che ha funzionato su un equilibrio multietnico per molti decenni. Il risultato è una dis-integrazione, ci sono due comunità ognuna con i propri media, la propria letteratura, la propria musica e i propri mezzi d’informazione. Probabilmente il loro scopo è dividere per dominare, proprio come gli antichi romani».
Juri ha portato il proprio caso davanti alla Corte europea per i diritti dell’uomo, che forse metterà la parola fine. Ma a 22 anni dalla dissoluzione dell’impero sovietico la questione dei nepilson è più che mai aperta, e la strada referendaria sembra irta di ostacoli burocratici e politici. Quando anche l’ultimo non cittadino vedrà finalmente riconosciuta la cittadinanza del Paese che sente proprio, resterà l’amarezza delle persone che hanno trascorso la propria esistenza in una condizione di limbo giuridico. Come l’anziana madre di Juri: «Ha 85 anni. Dopo 45 passati in Lettonia tutto quello che ha è un passaporto con la scritta “non cittadina”. È come dire che aver vissuto e lavorato una vita intera qui non conta niente. Non è solo discriminante, fa male».
Danilo Elia
© FCSF – Popoli

Cuba, Vietnam,Iraq,Libia,Corea,Siria, Ucraina: I FALLIMENTI USA :IL DIRITTO DI ESSERE INFORMATI.


Crisi rublo-petrolio: la nuova Borodino

0
«Coloro che sinceramente credono che gli Stati Uniti e l’Occidente abbiano scatenato una guerra economica contro la Russia a causa della sua posizione nei confronti dell’Ucraina, non hanno idea di quanto si sbaglino. In realtà, era tutto previsto da molto tempo, esattamente da un anno fa, quando si è tenuta una riunione a porte chiuse tra le alte autorità degli Stati Uniti e l’Arabia Saudita. Questo incontro è stato così segreto che anche il principe Bandar, capo dei servizi di intelligence sauditi, e il capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale, non ne seppero nulla.
napoleone grande
[…] Così i rappresentanti della Casa Bianca hanno proposto alle autorità saudite di far scendere i prezzi del petrolio fino al livello di 50 dollari al barile, cosa che avrebbe presumibilmente minato l’influenza dell’Iran, costringendola a fare gravi concessioni sul proprio programma nucleare, e questo era proprio quello che Riyadh voleva. “L’Aspetto russo” non era esplicitamente sottolineato, anche se una volta che la crisi in Ucraina è iniziata, il presidente Obama ne ha parlato durante la sua visita al regno. I sauditi hanno dimostrato rigidità, dal momento che il calo dei prezzi del petrolio ha colpito i programmi sociali sauditi. In queste circostanze, Washington ha dovuto ricattare l’Arabia Saudita dato che aveva accumulato prove sufficienti contro la maggior parte membri della famiglia reale saudita, tra cui su gravi violazioni dei diritti umani e comportamenti immorali, che avrebbero potuto potenzialmente portato al perseguimento della dinastia degli Al Saud. Inoltre, gli Stati Uniti hanno fornito ai loro amici sauditi rapporti di intelligence sulla presenza di migliaia di sostenitori di Hezbollah nella provincia sciita, nella parte orientale del regno, i quali potrebbero iniziare la lotta armata contro il regime wahhabita in qualsiasi momento. […]
Washington ha dovuto attendere la crisi ucraina per iniziare a far cadere i prezzi del petrolio in modo da far sì che fossero concomitanti con l’introduzione di sanzioni anti-russe. Pertanto, nel gennaio 2014 gli USA hanno iniziato a compiere numerosi sforzi per destabilizzare la situazione in Ucraina, che si è conclusa con un golpe facilitato dagli oligarchi locali. Bisogna ammettere che il rovesciamento di Victor Yanukovych e il colpo di stato che ha avuto luogo a Kiev è andato secondo i piani di Washington, ma pochi si aspettavano che Mosca prendesse una posizione ferma in Crimea, e che il sud-est dell’Ucraina fosse trasformato in un centro della resistenza contro Kiev, che ha preso il potere nel paese illegalmente per il sostegno aperto e nascosto dell’Occidente.
Il calo dei prezzi del petrolio doveva iniziare a giugno, ma in quel momento il problema di ISIL è emerso come una seria sfida per la sicurezza regionale. Pertanto, sia gli Stati Uniti che i sauditi hanno dovuto prendere misure urgenti per impedire il crollo del Medio Oriente. […]
Ma nel mese di agosto, quando lo Stato Islamico è stato stabilizzato, i funzionari della Casa Bianca hanno iniziato ad applicare ancora una volta pressioni sull’Arabia Saudita, cosa che ha provocato il forte calo del prezzo del petrolio. Il gioco sporco è iniziato quando i sauditi iniziato a vendere petrolio a un prezzo inferiore a quello di mercato, cosa che ha provocato un crollo istantaneo dei prezzi. Allo stesso tempo, Washington ha annunciato la sua disponibilità a inondare i mercati con il suo petrolio di scisto, anche se queste affermazioni erano false, dal momento che l’attuale riserve di scisti degli Stati Uniti sono la metà di quelle annunciate. […]
Bisogna ammettere che gli esperti economici russi e i dipartimenti finanziari sono andati in panico per un breve lasso di tempo. Ad un certo punto sembrava che il rublo stesse per sgretolarsi. Ma poi la situazione è cambiata. Il Regno Unito, che stava giocando un ruolo nel complotto contro la Russia, ha annunciato che il costo di produzione di petrolio nel Mare del Nord non ha permesso loro di ottenere più di 2 dollari di profitto per barile venduto. British Petroleum ha dato l’allarme, annunciando che era sul punto di fermare la produzione di petrolio. E c’è ancora la Norvegia, che estrae petrolio nel Mare del Nord. Gli alleati europei degli Stati Uniti hanno perso la voglia di pagare per le ambizioni politiche di Washington, che era impaziente di andare contro Mosca. Ma ciò che è ancora più importante – il regno saudita ha cominciato a sgretolarsi. Una ondata di attentati terroristici ha colpito la Provincia Orientale, mentre il conflitto sciiti-sunniti è diventato più teso. La classe dirigente locale, che ha visto crollare i propri redditi, ha iniziato a diventare sempre più frustrata dalle azioni della famiglia Al Saud. Un drastico calo dei finanziamenti della sicurezza sociale ha provocato massicci disordini tra la gente comune del Paese. In questo contesto, l’ISIL ha annunciato che sta ampliando la sua area operativa all’Arabia Saudita. I pilastri dell’economia della Russia non sono crollati, quindi Barack Obama è rimasto con niente di meglio da fare che guardare il rafforzarsi del rublo e la graduale stabilizzazione economica in Russia. Di sicuro, Mosca e russi hanno pagato il prezzo per la dipendenza della Russia sulle vendite di petrolio e gas. Ma a questo punto non c’è politico russo che si faccia illusioni circa la natura delle azioni degli Stati Uniti e le azioni dei suoi alleati europei e sauditi. […] A partire da ora, l’Arabia Saudita sta seguendo un percorso che può portare solo al collasso del regime al potere. L’America è pronta a sacrificare il suo alleato solo per cercare di danneggiare un altro po’ l’economia russa1
Ci si perdoni la lunga citazione, ma era necessaria. In questi giorni, infatti, abbiamo assistito con un misto di rassegnato divertimento e di disgusto, all’ennesimo psicodramma in casa russofila (dei wishful thinking in casa americanista taciamo per riguardo alla decenza); la «crisi» del rublo e il crollo dei prezzi del petrolio, che per poco non hanno indotto una serie di suicidi alla Mishima (e forse non sarebbe stato un male!) o un’emigrazione in massa in Corea del Nord o a Cuba.
Occorre guardare le cose per come sono, non per come vorremmo che fossero. E le cose stanno così: da una parte c’è troppa emotività, dall’altra anche i più accaniti antiamericani in verità sono profondamente intrisi di americanismo. Non nel senso che siano venduti, corrotti, etc, ma solo che, inconsciamente, sono davvero convinti che gli USA siano un Paese speciale e, come tale, invincibile, indistruttibile, addirittura sempre vittorioso (Corea, Vietnam, Cuba, Siria e, recentemente, Ucraina, sono lì a testimoniare i loro numerosi fallimenti).
Paradossalmente, i russi, che pure erano investiti dalla bufera, hanno mantenuto in generale una calma olimpica, mentre gli italiani russofili (sugli americanofili stendiamo l’ennesimo velo pietoso) erano in preda a una sequela di crisi isteriche (una dietro l’altra). Ancora, altrettanto paradossalmente, forse gli americani sono meno convinti dell’onnipotenza americani, rispetto agli antiamericani stessi!
In realtà, facemmo notare (con commenti su Facebook) che la questione presente ci pareva sin dall’inizio la classica tempesta in un bicchier d’acqua (e lo era, ma non così l’hanno percepita i molti); questo per numerose ragioni, che elencheremo in ordine sparso:
  1. L’economia russa era comunque solida, avendo poco o punto debito estero
  2. Si trattava di una tempesta speculativa: mantenendo la calma era possibile uscirne fuori, perché quel calo NON corrispondeva al valore reale del rublo (cosa che i cinesi hanno sottolineato sin da subito)
  3. La leadership russa è meno stupida di come la fanno detrattori e amici nervosi, e quindi sapevano di che si trattava e di certo sapevano che occorre mantenere la calma, come quando si incontra un serpente velenoso.
  4. La Cina si era appena legata per 30 anni alla Russia (per il gas, 25 per il petrolio). Poi c’erano i BRICS, la SCO, etc. Difficile che i cinesi, tra l’altro sempre più in sintonia con la Russia (dall’Ucraina, alla Corea del Nord), e poi stupidamente attaccati dagli americani (tentato golpe di Hong-Kong, oltre ai continui proclami sediziosi del Dalai Lama) lascino che Washington distrugga il loro principale alleato, nonché fornitore energetico (ma anche militare). Senza contare che, una volta eliminata Mosca, Pechino diverrebbe il nuovo bersaglio principale. Quindi i cinesi, in caso di bisogno, sarebbero intervenuti, e addio speculazione.
    I fatti ci hanno dato ragione: la Cina ha offerto il proprio aiuto alla Russia2.
«Nei giorni scorsi, quando il rublo arrivò a sprofondare a un tasso di cambio di 80 contro il dollaro e 100 contro l’euro, vi avevamo documentati delle indiscrezioni, secondo le quali la Banca di Russia stesse vendendo l’oro delle riserve, in modo da sostenere la valuta. In tale direzione è andato un paio di giorni fa anche un report di Société Générale, che ipotizzava una cessione di oro a dicembre.
Ma i dati rilasciati dalla stessa banca centrale russa sembrerebbero andare nella direzione opposta: a novembre ha acquistato altre 600.000 once di oro, ossia altre più di 17 tonnellate, portando le riserve complessive di lingotti a 1.182 tonnellate, che al prezzo attuale di 1.197 dollari l’oncia varrebbero 45,7 miliardi di dollari, oltre il 10% del valore totale delle riserve dell’istituto.
[…]
D’altronde, non si capirebbe altrimenti la politica di Mosca, che non esporta all’estero oro fisico, mentre la banca centrale acquista l’oro prodotto nella nazione, sebbene sia realistico ipotizzare che lo compri, in alcuni periodi, anche sui mercati internazionali.
Stamane, il rublo ha guadagnato oltre il 4%, dopo che il ministro degli Esteri della Cina, Wang Yi, ha aperto al sostegno del rublo, dichiarando che tra il suo paese sarebbe pronto ad ampliare le operazioni di swap tra le rispettive valute e che molti più scambi potrebbero da ora in poi essere regolati in yuan, la valuta cinese, in modo da non passare per il dollaro.
L’annuncio è molto importante, perché sottolinea la volontà di Pechino di non consentire che l’Occidente danneggi eccessivamente Mosca. Ricordiamoci che il governo cinese è intervenuto in questi mesi anche in soccorso di altri due paesi, tempestati da una crisi valutaria, Argentina e Venezuela, concedendo loro prestiti, in modo da aumentare le relative riserve.
Al momento, il cambio tra rublo e dollaro è di 56,46, mentre un’unità della moneta unica si scambia contro 69,25 rubli.»3
In altre parole, questa crisi (e, lo ricordiamo, il carattere cinese per «crisi» è lo stesso usato per la parola «opportunità») come anche quella ucraina, siriana, nord coreana, il tentato (e miseramente fallito) golpe di Hong Kong, etc, non farà altro che avvicinare ulteriormente Russia e Cina. I russi hanno sofferto? Certo, ma non hanno subito una sconfitta decisiva, tutt’altro: si profila all’orizzonte una vittoria strategica. Dopo l’esultanza iniziale di americani e persone a essi soggetti, in parecchi, in occidente, finiranno per strapparsi i capelli. Una vittoria tattica spesso, molto spesso, può trasformarsi in una catastrofe strategica. Napoleone, Hitler, Carlo XII di Svezia, tutti bravissimi a vincere battaglie, poi persero la guerra proprio contro i russi. L’esempio più eclatante è quello della battaglia di Borodino, vinta da Napoleone, seppure soffrendo perdite micidiali, che però non distrusse del tutto le forze russe, né tanto meno piegò la loro volontà di proseguire la lotta. Il giorno dopo la battaglia, il Generale Kutusov, comandante delle forze russe, si ritirò con ordine, per ricostituire le forze. Di lì a poco, nonostante la presa di Mosca, i francesi furono costretti a ritirarsi. Il resto è storia, e Napoleone nonostante le battaglie vinte, perse l’impero.

FEDERICA MOGHERINI VERGOGNATI VERGOGNATI VERGOGNATI

“Mogherini, clamoroso voltafaccia per una poltrona”

 “LA MOGHERINI? VOLTAFACCIA PER UNA POLTRONA”
 “Il 6 agosto, non ancora Lady Pesc, biasimava chi alimentava                                               il conflitto con Mosca, ora annuncia nuove sanzioni alla Crimea”.
V E R G O G N A T I
            

Descrizione: mogherini
Strasburgo, 18 dicembre 2014 – “Prendi un’idea, poi l’adatti e la cambi secondo le circostanze. E’ la storia di Federica Mogherini e di un clamoroso voltafaccia per una poltrona”. che attacca duramente l’Alto Commissario per gli affari esteri dell’Ue: “La Mogherini, che com’è noto ha una storia politica di buone relazioni con la Russia, il 6 agosto dichiarava saggiamente a La Stampa che ‘la transizione ucraina non deve avvenire in conflitto con Mosca’. Ora da Lady Pesc fa l’esatto contrario, provvedendo a nuove sanzioni contro la Crimea, che innanzitutto sono uno smacco alla nostra economia e alle nostre imprese, e certo non aiutano a stemperare la crisi che si è venuta a creare tra l’Europa e la Federazione Russa.
             “…. CI AVEVO …. CREDUTO”   (Alla Ministra)
SONO INDIGNATO, PERCHE’ E’ QUESTO TIPO DI COMPORTAMENTO CHE ALIMENTA L’ANTI POLITICA E ALLONTANA I CITTADINI DALLE ISTITUZIONI, E SI “REGALANO ARGOMENTI MOLTI APPETIBILI AGLI AVVERSARI”

20 / 12/ 2014
                                                                                                                                 Antonio Alla 


TOTALE MANCANZA di ONESTA' INTELLETTUALE, PURTROPPO.



La Merkel sotto attacco al Bundestag per il suo servilismo agli Stati Uniti

0
Durissima requisitoria alle politiche atlantiste della Cancelliera da parte di un alto esponente della Linke.
26 Novembre 2014, Sahra Wagenknecht mentre parla al Bundestag
26 Novembre 2014, Sahra Wagenknecht mentre parla al Bundestag.
Il 26 Novembre 2014, davanti al Parlamento tedesco (Bundestag), Sahra Wagenknecht, vice-presidente del Partito della Sinistra (Die Linke) ha accusato senza mezzi termini Angela Merkel di servire gli interessi statunitensi sacrificando così quelli dei cittadini tedeschi e dell’Unione Europea.
Angela Merkel ha ormai gettato la maschera, e appare sempre di più come una pedina statunitense incaricata di distruggere la tradizionale Ostpolitik tedesca, nello stesso modo in cui Nicolas Sarkozy fu incaricato di distruggere quella gaullista in Francia.
Se la linea rappresentata dalla Merkel, favorevole allo scontro con la Russia e insieme al TTIP/TAFTA, finisse per vincere le variegate e multiformi resistenze dei settori filo-russi o sovranisti presenti in Germania (alcuni correnti ormai residuali della CDU e soprattutto della SPD, della AfD e della Linke, istanze presenti, seppur in modo diverso, anche nella Confindustria tedesca e nella Bundesbank) sarebbe un durissimo colpo per le prospettive di tutto il continente europeo, Italia compresa, totalmente soggiogato al padrone angloamericano.
Di seguito l’intervento della Wagenknecht che accusa la Merkel di essere “solo uno dei vassalli degli americani, che segue le parole di Brzezinski per implementare la strategia statunitense” in Europa.


 
***

 
Si ha l’impressione che ci sia qualcosa, signora Merkel, che voi considerate più importante degli interessi delle imprese tedesche, e questo qualcosa sono gli interessi del governo degli Stati Uniti e delle aziende americane.
Nel suo discorso a Sydney, signora Merkel, lei si è terribilmente indignata per il fatto che 25 anni dopo la caduta del Muro di Berlino, continui ad esistere un vecchio modo di pensare in sfere di influenza, che calpesta il diritto internazionale.
“Chi l’avrebbe mai creduto possibile?”, avete detto!
Ciò solleva alcune domande.
Signora Merkel, in che mondo vivete?
E dove ha vissuto negli ultimi 25 anni?
Dove eravate quando gli Stati Uniti hanno calpestato il diritto internazionale in Iraq, per estendere la loro sfera d’influenza sul petrolio iracheno?
Dove eravate quando il diritto internazionale in Afghanistan è stato (ed è tuttora) violato, con la partecipazione della Germania?
Dove eravate quando la Libia è stata bombardata, quando l’opposizione siriana è stata armata e affiliata all’ISIS con la fornitura di armi?
Tutto questo è stato, secondo voi, in conformità al diritto internazionale?
Naturalmente direte che non si è trattato per niente di sfere d’influenza!
Posso allora consigliarvi la lettura del libro di Zbigniew Brzezinski, che è stato a lungo un pioniere della politica estera americana. Il bel titolo di questo libro, scritto nel 1997, è il seguente: “La Grande Scacchiera: la supremazia dell’America e i suoi imperativi geostrategici”.
Per quanto riguarda l’Europa, Brzezinski sostiene la necessità di un ampliamento decisivo della NATO verso est: prima in Europa centrale, poi nel Sud, poi nei paesi baltici e, infine, in Ucraina.
Perché, come l’autore li giustifica in modo convincente, “ogni passo dell’espansione estende automaticamente la sfera immediata d’influenza degli Stati Uniti”.
Questo è un vecchio modo di pensare in termini di sfere d’influenza, eppure è stato attuato con successo, e voi non l’avete davvero mai, mai notato signora Merkel?
Al contrario, voi fate parte di coloro che lo hanno trasportato e sostenuto in Europa!
Voi siete solo uno dei vassalli che segue le parole di Brzezinski per implementare la sua strategia!
Signora Merkel, voi avete portato la Germania a risvegliare la Guerra Fredda con la Russia, avete avvelenato il clima politico e messo a repentaglio la pace in Europa.
Siete all’origine di una guerra economica folle, che colpisce pesantemente e principalmente l’economia tedesca ed europea.
(Il Bundestag rumoreggia)
Non piagnucolate così, voi non siete di quelli che lavorano per aziende i cui ordini sono diminuiti drasticamente, e non siete di coloro che gestiscono queste imprese o che lavorano per loro.
(Applausi)
Non dovete sopportare le dure conseguenze di quello che avete fatto.
Ci dite che c’era il fuoco, signora Merkel, ma siete tra quelli che corrono in giro con i fiammiferi accesi.
L’escalation verbale è sempre quella che precede il fuoco! Questo è ciò che Hans-Dietrich Genscher vi ha detto dopo il vostro discorso a Sydney.
No, questo non vuol dire che amiamo Putin o il capitalismo russo con i suoi oligarchi, ma la diplomazia richiede che si prendano sul serio gli interessi dell’altra parte, piuttosto che respingerli con ignoranza.
E non si può ignorare che sia Mikhail Gorbaciov che Helmut Kohl, quasi esattamente con le stesse parole, hanno avvertito che senza un partenariato russo-tedesco la sicurezza in Europa è impossibile.
L’ex presidente del Partito socialdemocratico (SPD), Platzeck, ha detto che il commercio tra la Russia e gli Stati Uniti è aumentato quest’anno, mentre il commercio tra la Russia e l’Unione Europea, soprattutto la Germania, ha subito un enorme flop. In risposta, l’Unione cristiano-democratica ha cercato di bloccare persone come Platzeck, e altri presunti apologeti di Putin, alla conferenza del “Dialogo di San Pietroburgo”.
Invece di sostenere la comprensione, voi incoraggiate l’ignoranza! In Ucraina, cooperate con un regime in cui le funzioni più importanti dei servizi di polizia e di sicurezza sono occupati da nazisti riconosciuti come tali!
Il Presidente Poroshenko parla di “Guerra Totale”! Ha fermato tutti i pagamenti ai pensionati e agli ospedali dell’Ucraina orientale!
E gli insorti, per il premier Yatsenyuk, queste le sue parole, sono dei “subumani che devono essere distrutti”.
Invece di lavorare con questi delinquenti, abbiamo ancora bisogno di una politica estera tedesca per cui la sicurezza e la pace in Europa sono più importanti delle istruzioni di Washington.
(Applausi)
In quest’anno, dove ricorre il centenario della prima guerra mondiale ed il 75° dallo scappio della seconda, in un anno così, sarebbe, penso, molto opportuno ricordare una frase di Willy Brandt: “La guerra, non è l’ultima ratio, la guerra è l’irratio ultima”.
La guerra non può più essere utilizzata come strumento politico, signora Merkel!
Perciò, torniamo al percorso della diplomazia e aboliamo le sanzioni!
(Applausi)
E se, in effetti, ci sono delle voci nella SPD che fanno appello al buon senso in politica estera, da Helmut Schmidt a Matthias Platzeck, si prega di ascoltare, signora Merkel, la voce dei vostri partner di coalizione!
Smettete di giocare con il fuoco!
(Applausi)
Riassumo: voi avete sprecato tutte le conquiste della politica della Distensione e avete portato l’Europa in una nuova Guerra Fredda, sul precipizio, perché non avete avuto il coraggio di levarvi contro il governo degli Stati Uniti.
Questo non è qualcosa di cui potete andare orgogliosa.
In tutti i casi, i cittadini del nostro paese meritano una politica migliore, una politica in cui la chiamata alla prosperità per tutti sia qualcosa che finalmente sia di nuovo preso sul serio, con un ritorno a una politica di buon vicinato con tutti i nostri vicini europei.


Sahra Wagenknecht

Patente e carta di circolazione con lo stesso nome.


PATENTE E CARTA DI CIRCOLAZIONE CON LO STESSO NOME- Secondo una  norma del Codice della Strada, ora entrata in vigore, la  patente e la carta di circolazione  dovranno avere lo stesso intestatario. Il comma 4-bis dell’art.94 del Codice della strada, introdotto nel 2010 con la legge n. 120, prevede che:”Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 93, comma 2, gli atti, ancorché diversi da quelli di cui al comma 1 del presente articolo, da cui derivi una variazione dell’intestatario della carta di circolazione ovvero che comportino la disponibilità del veicolo, per un periodo superiore a trenta giorni, in favore di un soggetto diverso dall’intestatario stesso, nei casi previsti dal regolamento sono dichiarati dall’avente causa, entro trenta giorni, al Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici al fine dell’annotazione sulla carta di circolazione, nonché della registrazione nell’archivio di cui agli articoli 225, comma 1, lettera b), e 226, comma 5. In caso di omissione si applica la sanzione prevista dal comma 3 (394) (395). Questo vuol dire che chi guida per più di 30 giorni un’auto intestata ad un altra persona deve annotare il proprio nome sul libretto di circolazione e chi non si adeguerà rischierà multe da 705 a 3.526 euro, oltre al ritiro della carta di circolazione. L’intestatario della carta di circolazione che concede in comodato d’uso, per più di 30 giorni, l’utilizzo del proprio veicolo a una persona terza  deve chiedere, entro 30 giorni, l’aggiornamento del libretto di circolazione. Per farlo occorre: la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà con la quale il comodante attesta di aver posto il veicolo nella disponibilità del comodatario; la fotocopia di un valido documento di identità del comodante; la ricevuta di un versamento di 16,00 euro sul c.c.p. n.4028 (imposta di bollo dovuta per l’istanza) e di 9,00 euro sul c.c.p. 9001 (diritti di motorizzazione). Verrà quindi rilasciato un tagliando di aggiornamento sul quale vengono annotate le generalità del comodatario.

Oltre alla scadenza del comodato, il tagliando riporterà la seguente dicitura: “Comodato-Intestazione temporanea effettuata ai sensi dell’art.94, comma 4-bis c.d.s.”. La norma riguarda solo i casi in cui il proprietario del veicolo e chi guida abitualmente l’auto non appartengano allo stesso nucleo familiare. La circolare riguarda, quindi, principalmente tutti i professionisti che utilizzano auto aziendali. La normativa inoltre non è retroattiva, questo vuol dire che l’obbligo di aggiornamento sussiste solo per gli atti posti in essere a partire da 3 novembre scorso. La nuova regola, dunque, non si applicherà alla maggior parte dei veicoli in circolazione, per i quali sarà facoltativo l’adeguamento.
Sede 13-11-14

IL DIRITTO DI ESSERE INFORMATO!


Cie: le prime riforme in attesa dell'abolizione-
             È stata approvata in via definitiva la Legge Europea 2013-bis, il cui articolo 3 stabilisce che il tempo di permanenza massimo dei      migranti nei Cie, durante l'attesa per l'identificazione, è di 90 giorni.

Immigrazione: Italia condannata per respingimenti-
 La Corte di Strasburgo ha condannato l'Italia per aver effettuato respingimenti collettivi dai porti dell'Adriatico, non permettendo ai migranti che allontanava di chiedere asilo ed esponendoli al pericolo di essere maltrattati.

Unicef: aumenta la povertà infantile-
 L'ultimo rapporto dell'Unicef che analizza le condizioni della povertà infantile ha evidenziato un aumento dilagante di questo problema nel nostro paese: oggi ci sono più di 619mila bambini poveri in più rispetto al 2008.

 Condizione dei diritti umani in Italia: Esame Periodico Universale- 

 Un gruppo di lavoro dell'Esame Periodico Universale, una frazione del Consiglio dei Diritti Umani, è stato incaricato di vagliare l'attuale condizione dei diritti umani in Italia. Il nostro Paese rientra tra i quattordici stati che in questi giorni sono sotto osservazione durante l'esame prolungato che si concluderà il 7 novembre.

I CRIMINI INDICIBILI DEL PASSATO.



A Remo : PER NON DIMENTICARE ...... MAI; AFFINCHE' NON RITORNI MAI PIU'
06/01/2008
Egregio Signore Aldo……….
sono Remo Alla, un alunno che frequenta la 3° media della
Monti-Mameli di Terracina. Le scrivo per esprimerle le emozioni e i sentimenti che ho provato mentre parlava della sua vita.
Quando è entrato mi è sembrato molto calmo, forse troppo. Ma appena ha iniziato a parlare, i suoi occhi sono diventati lucidi e quasi si vedeva la storia che narrava; tanto era profonda l’emozione, che in un momento mi è sembrato di essere immerso nella sua vicenda come se l’avessi vissuta io in un'altra vita. Allora credo di aver capito che stava parlando di una tragedia che è piena di vecchi e brutti ricordi che con difficoltà possono essere raccontati a parole, ma riescono a trasmettere, come dicevo prima, un’emozione grandissima che ti prende dentro e ti permea tutto. Ci ha fatto capire fino in fondo la sua storia con tutte le sofferenze che hanno comportato per Lei e per tutti i soggetti coinvolti. Mentre parlava, provavo dentro di me un forte dolore e un senso di impotenza per le cose già accadute. Alcuni di noi avevano anche gli occhi lucidi. Poi ha ricordato dell’episodio della mela che ha mangiato, anche se era marcia, perché in un campo di sterminio, era come trovare un tesoro. Oggi una mela si butta anche solo se è un po’ appassita. Ascoltando questa parte, mi sono sentito in colpa per tutte le volte che ho rifiutato il cibo perché non era di mio gradimento.
Quando ha raccontato della tragedia della sua famiglia, credo di aver ricevuto il messaggio più inquietante e toccante, relativo agli orrori del passato recente.
Credo che noi giovani non dobbiamo dimenticare la lezione che abbiamo avuto e dovremo essere sempre vigili affinché tutto ciò o solo una parte non si ripeta mai più.
Auspico che Lei abbia una lunga vita e continui a diffondere nelle scuole, ma non solo, la testimonianza di ciò che è terribilmente accaduto, per non dimenticare.
Remo Alla

GAZA : CARNEFICINA CONTINUA

Gaza, ancora attacchi   E’ il ventitreesimo giorno dall'inizio dell'operazione israeliana che ha costato la vita di oltre 1364 palestinesi, tra cui 287 bambini e 57 anziani, e circa 7000 feriti. La tregua, chiesta dal Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-moon, non ha però avuto gli esiti sperati, e i bombardamenti sono continuati più violenti che mai. E’ atroce  che  l’ONU gli USA e l’EUROPA subiscano la prepotenza di Israele; la si può spiegare solo con il fatto che vogliono lavarsi la coscienza di fronte ai popoli, in realtà chiedono con un fil di voce ad un Stato che si comporta come un terrorista : una tregua? Qui non esistono sanzioni? Non esiste la forza? Mentre altrove (Ucraina)si, vero?
Basta siete voi i veri terroristi.

    

Riforme. GRILLO: "SCIVOLIAMO VERSO LA DITTATURA."


  • E' MAI POSSIBILE CHE I CITTADINI ITALIANI DEVONO ESSERE TRATTATI, QUASI SEMPRE, DALLA CLASSE POLITICA DI OGNI ORDINE E GRADO E DALLA DIRIGENZA SIA AMMINISTRATIVA CHE DELLA SOCIETA' CIVILE COME SE FOSSIMO "SENZA"MEMORIA?ESEMPIO: PRENDIAMO CIO' CHE HA DETTO OGGI BEPPE GRILLO RISPETTO AL PROBLEMA DELLE RIFORME: "SCIVOLIAMO VERSO LA DITTATURA." NOI REPUTIAMO STUPEFACENTE IL MODO DI "RAGIONARE"? DI GRILLO, PERCHE' HA SEMPRE DETTO, TUTTE LE VOLTE CHE HA POTUTO, IN TUTTE LE SALSE: "O NOI O LORO ( TUTTI GLI ALTRI) NON FAREMO ALLEANZE PER GOVERNARE CON NESSUNO, SIETE MORTI CHE CAMMINANO, GOVERNEREMO DA SOLI"E POTREMMO CONTINUARE.NOSTRA TRADUZIONE: MINIMO DOVREBBE AVERE ALLE PROSSIME ELEZIONI POLITICHE IL50+1%DEL CONSENSO, O MAGARI COME HA DETTO IL 90% DEL VOTO DEI CITTADINI E QUINDI IN ENTRAMBI I CASI  SU DESCRITTO IN AGGIUNTO AI SUOI DETTAMI CHE HA SBANDIERATO IL SUO GOVERNARE NON SAREBBE UNA VERA E PROPRIA DITTATURA? DITTATURA CHE LEI GIA' ESERCITA CON EGREGIA DILIGENZA VERSO I SUOI CITTADINI ELETTI NEL SUO MOVIMENTO CHE OSANO BATTERE CIGLIO SENZA IL SUO CONSENSO? -NOI RICONOSCIAMO AL MOVIMENTO DI AVERE CONTENUTO E INCANALATO"LARABBIABUONA" COME GIUSTAMENTE LEI HA AFFERMATO. E CON "LA STESSA RABBIA BUONA" CHE CI AVVOLGE E CI TRAVOLGE ANCORA, CHE CI PERMETTIAMO ANCHE A NOME DI MOLTI ITALIANI: MA VADA A QUEL PAESE IN FRETTA.                             Rinascita Terracina  07.07.2014    

Continuiamo con la storia di Berlusconi

(33esima parte della storia di Berlusconi)
Abbiategrasso, la Comit e la solita  Tra l'88 e il '95 i libretti, materialmente in possesso di Giuseppina Scabini (che amministra il patrimonio personale di Berlusconi), registrano movimentazioni  per 130 miliardi in entrata el26 in uscita Poi entrano in vigore le norme anti-riciclaggio, e il “nero” verrà trasferito in Svizzera (come sempre). Comunque sapete a cosa servivano i 105 libretti miliardari al portatore? Alle spese spicciole di Silvio Berlusconi, quali pane, frutta, ortaggi.. _! Almeno cosi ha detto lui stesso.
Purtroppo gli archivi sono ampiamente incompleti, con la conseguenza che la Dia e il consulente   Giuffrida  dovranno arrendersi di fronte alla anomalia di vari finanziamenti, non riuscendo a  ricostruire la provenienza di almeno ll3 miliardi di lire negli anni 70., una quarantina dei quali addirittura in contanti. Colpa, diranno i pm al processo Dell’Utri, della condotta poco collaborativa della Bpl. Ma non solo di questa banca, ma anche dell’altra banca con cui la prima Fininvest condusse gran parte delle sue operazioni: la Bnl, tramite le fiduciario Safe Servizio Italia e la sua banca d'affari a medio termine, la Efibanca, quella che abbiamo già visto. La teste “Alfa”, Stefania Ariosto, racconta che Cesare Previti le parlò di “fondi  illimitati” a disposizione di Berlusconi presso Efibanca  per corrompere i giudici romani. E l’Efìbanca finisce nel 1999, guarda un po’- pure lei  nella Banca Popolare di Lodi del rag. Gian Piero Fiorani.
Ma chi è Gian Piero Fiorani? Fiorani entra nella Bpl nel 1978 con un semplice diploma di ragioneria, per laurearsi solo nel 1990 in Scienze Politiche. Inizia la sua arrampicata gestendo due affari molto delicati: uno è la ristrutturazione del gruppo bancario in Sicilia, inglobando ben cinque banche sicule e facendo così della Lodi la seconda banca dell’isola; l’altro è appunto l’ingresso nella Rasini, prima con una partecipazione di controllo, poi con la fusione, inglobandone patrimonio, clientela e archivi. Quegli archivi. Ma nel 1998 aveva inglobato pure la Bipielle Suisse che, però, prima si chiamava Adamas, prima di chiamarsi a sua volta Albis, di cui Pazionista di maggioranza era la Fimo, ve la ricordate?, considerata la sentina della finanza criminale italiana, utilizzata da tangentisti e narcotrafficanti, poi diventata Conscor. E’ proprio vero che tutto, gira e rigira, torna. Il rag. Gian Piero Fiorani qualche attinenza ha con il cav. Silvio Berlusconi, tanto per cambiare. Ma di Fiorani parleremo più avanti.
Nel 2000 la Lega di Umberto Bossi, dopo anni di insulti e rivelazioni da parte di Max Parisi su la “Padania”, improvvisamente si riavvicina a Berlusconi, complice qualche miliardo sganciato dal cavaliere con tanto di contratto davanti ad un notaio per sanare le ristrette della Lega. Così arriviamo al 15 maggio 2001, quando il cosiddetto “Polo delle Libertà”, al quale bisognerebbe aggiungere “Proprie”, vince le elezione politiche. Prima Berlusconi aveva presentato al cosiddetto salotto di Porta a porta del “notaio” Bruno Vespa l’altrettanto cosiddetto “Contratto con gli italiani”,firmato da lui solo davanti all’ossequioso Vespa. Peccato che i cinque punti non verranno per niente rispettati, ma per il cav. Silvio Berlusconi anche lo zero è 10, per cui...

Sulle elezioni sono da segnalare tre punti. Il primo è che, per effetto del sistema maggioritario, pur essendo l’Italia praticamente divisa a metà, il polo ottiene la più grande maggioranza che si sia mai vista nel Parlamento italiano, sia alla Camera che al Senato. Il secondo è il risultato delle elezioni in Sicilia: 61 seggi a zero per il polo! Se c’era bisogno di qualche dimostrazione su chi la mafia appoggia, eccola! Il terzo vede uno già visto in precedenza,  Gianstefano  Frigerio, condannato definitivamente  ad oltre 6 anni che, anziché in Parlamento, viene dirottato a San Vittore. Ma niente paura, un magistrato di buon cuore, anziché in galera, lo destina a lavori socialmente utili. E quale è il lavoro socialmente utile? Il Parlamento dove è stato eletto! Così la legislatura avrà un tizio a cui sono stati negati i diritti civili, non potrà votare né per le politiche, né per le amministrative, né per le comunali, ma le leggi del suo governo si! Però non si può certo dire che il tizio non sia in buona compagnia. Infatti sono presenti nella nuova maggioranza più di un centinaio di personaggi con ---  (segue la 34esima parte)
Qui 18 marzo 14
Fassina chi? Così Renzi ha interrotto la domanda di un giornalista che gli stava chiedendo: «So che è allergico al termine rimpasto, ma Fassina...». Renzi lo ha guardato sorridendo ribattendo «chi?».

Subito dopo le dimissioni. «Le parole del segretario Renzi su di me confermano la valutazione politica che ho proposto in questi giorni: la delegazione del Pd al governo va resa coerente con il risultato congressuale. Non c'è nulla di personale. È questione politica. È un dovere lasciare per chi, come me, ha sostenuto un'altra posizione», ha spiegato Fassina.

«È responsabilità di Renzi, che ha ricevuto un così largo mandato - ha osservato ancora Fassina, nel motivare le sue dimissioni dal governo - proporre uomini e donne sulla sua linea». Di conseguenza «restituisco irrevocabilmente il mio incarico al presidente Letta. Ringrazio il presidente Letta per la fiducia che mi ha concesso. Ringrazio anche il ministro Saccomanni per l'opportunità che mi ha dato per lavorare con lui. Ringrazio i colleghi, il viceministro Casero e i sottosegretari Giorgetti e Baretta per l'ottima intesa che abbiamo avuto. Continuerò - ha concluso Fassina - a dare il mio contributo al governo Letta dai banchi della Camera».

La segreteria a Firenze. «È stata una discussione a 360 gradi, abbiamo parlato di scuola, ambiente e infrastrutture ma il tema centrale è stata la legge elettorale», ha spiegato Renzi al termine della riunione. «La prossima settimana tiriamo su la rete e tentiamo di chiudere», ha poi assicurato il segretario del Pd riferendosi alla riforma del sistema di voto.

Sulla legge elettorale «aspetto che Forza Italia decida è il secondo partito del Paese in termine posizione politica», ha continuato Renzi, aggungendo che sta aspettando «la disponibilità» dei partiti per gli incontri bilaterali, e ha poi scherzato ricordando che ci saranno dopo il ponte della Befana e aggiungendo: «C'è chi il ponte lo fa da 20 anni».

«Nessuno sta mettendo in discussione l'esistenza del governo, anzi: mette in difficoltà il governo chi lo vuole far stare fermo. Lo aiuta chi lo sprona a risolvere i problemi italiani», ha proseguito Renzi, assicurando che il suo piano non è una minaccia per il governo.

«Se l'unico problema di Alfano sulle nostre proposte sono le unioni civili ci va di lusso. Trovo invece discutibile che si possa obiettare mettendo in mezzo la famiglia: che cosa hanno fatto i governi Alfano-Giovanardi per la famiglia? Hanno azzerato il fondo per la famiglia. Se la famiglia è una cosa seria bisogna essere coerenti», ha sottolineato ancora il segretario del Pd.

«Chi oggi pone il tema delle unioni civili non vuole affrontare il punto centrale: in una settimana vogliamo una risposta sulla legge elettole. Non vorrei si utilizzasse un'arma distrazione di massa», ha aggiunto Renzi. Sui temi della famiglia «non mi farò scavalcare da Alfano e Giovanardi», ha poi sottolineato.

«Noi non vogliamo solo le unioni civili ma un Paese civile.Facciamo una trattativa con chi ci sta perché siamo un Paese che ha bisogno di risposte». Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia e componente della segreteria Pd, aveva spiegato così in precedenza la linea del partito.

«Se vale il principio che il Parlamento è abusivo i primi abusivi sono i suoi, allora rinunci ai propri parlamentare e alle loro indennità. Il tema è invece che urge la riforma elettorale proprio per evitare di ritrovarci con un Parlamento di questo tipo», ha quindi osservato Renzi.

Il lavoro. «Entro la direzione del 16 intavoleremo una discussione con un sommario, serio documento che si aprirà al confronto con parlamentari e tecnici. Sono molto soddisfatto per la discussione che si è svolta oggi in segreteria», ha poi rilevato parlando dello stato dell'arte sul job act.

Lo spread? Merito di Draghi. «I dati sul calo della spread sono dati per cui ringraziare non solo i governi succeduti ma un italiano che ha lavorato nell'interesse dell'Europa: Mario Draghi, è suo il merito fondamentale», ha detto ancora Renzi.

«Il 3 per cento è un vincolo che nel corso degli anni è stato sforato da tanti paesi ma per noi è importante da difendere perché è il simbolo della battaglia del rigore dei conti. È stata una sorte di coperta di Linus per dire che noi saremmo rientrati nei parametri. Se mettiamo a posto i conti in casa nostra, allora il 3 per cento, che va comunque affrontato a livello europeo, può essere oggetto di discussione», ha quindi argomentato il segretario democrat.

Il tour della segreteria. Con la riunione della segretaria del Pd, oggi a Firenze, Renzi ha aperto un tour dell'Italia. «La faremo anche in altre città - ha spiegato - andremo dove si vota alle prossime elezioni amministrative. Ci sono 27 capoluoghi che voteranno il 25 di maggio. Sarà naturale riunire la segreteria anche in altri luoghi».

Le spese del Partito democratico saranno messe tutte on line«come alcune amministrazioni già fanno, compresa Firenze», ha infine assicurato Renzi. Che ha poi scherzato: «Il pranzo di oggi ce lo siamo autofinanziato con 17 euro, pausa caffè compresa».