"FUORI IL RAZZISMO DAL PARLAMENTO EUROPEO"


Lunedì 20 maggio il presidente del Parlamento Martin Schulz  in apertura di seduta ha espresso “vergogna” per le dichiarazioni di Borghezio citando la “nostra” petizione. Quando il giorno successivo è stata ricevuta la delegazione dai capigruppo di socialisti e democratici, popolari, liberali, verdi, comunisti gruppi diversi che, all’unisono hanno espresso altrettanta vergogna per le affermazioni offensive dell’esponente del Carroccio ai danni del ministro dell’Integrazione Kyenge abbiamo subito pensato che non si trattasse di un incontro rituale ma di una forte presa di coscienza e di una indignazione vera della gran parte del parlamento europeo per le affermazioni del deputato del Carroccio.  La sospensione di Borghezio di oggi dal gruppo Efd è pertanto la vostra, la nostra vittoria: 130mila cittadini (tutti voi) che avete voluto scolpire un concetto:
                                “fuori il razzismo dal Parlamento europeo”.  
Questa vittoria dimostra ancora una volta che una petizione non è solo uno strumento simbolico di denuncia ma può cambiare le cose, incidere addirittura e condizionare il dibattito di una imponente istituzione come il Parlamento europeo fino a determinare la sospensione di europarlamentare dal suo gruppo per le sue dichiarazioni offensive.
 E' una vittoria che ne chiama altre e, deve indurre ognuno di noi a lanciare le proprie campagne per la democrazia, per la libertà, per il lavoro, per lo studio e la ricerca, per una politica che sia “VERAMENTE”al servizio del bene comune; ma anche contro chi non abbia un comportamento di vita e un linguaggio decorosi nei confronti di tutte le Istituzioni e di tutti gli Individui, a tutti coloro siano chiamati o eletti a rappresentarci.  
 "Perché quando si sogna da soli è solo un sogno - recita una nota massima - ma quando si sogna insieme è la realtà che comincia!". 

BERLUSCONI 24esima parte.


riciclate forti somme di denaro provenienti dall'Italia...L’inchiesta produsse un primo significativo effetto     il 13 giugno 1991, a Lugano, quando furono arrestati tali Edu de Toledo e Donizete Ferriera Pena con circa un milione di franchi svizzeri in contanti. Unitamente a Gianmario Massa, cassiere della Banca Migros di Lugano pure arrestato, i due erano intenti nell’operazione di parziale pagamento di una partita di 70 chili di cocaina giunta precedentemente a Rotterdam. La droga, proveniente dal Brasile, era stata ritirata da emissari della criminalità organizzata italiana. Il rìciclatore Giuseppe Lottusi faceva capo, per le operazioni di riciclaggio, alla piazza finanziaria svizzero italiana e, in particolare, alla Fimo Sa di Chiasso”.
Della Fimo, e di Lottusí, abbiamo già accennato, ma le cronache giornalistiche del 1994 dicono qualcosa in più riguardo all’acquisto di un calciatore da parte del  Milan-Fininvest:  “Tutte le inchieste portano a Chiasso. Al numero 89 di via San Gottardo, dove ci sono le sedi di una finanziaria e di una banca che sono al centro di infinite indagini su : mafia e tangenti. E dalle quali si scopre che sono passati anche i soldi per il trasferimento di Gianluigi Lentini , l’attaccante granata acquistato dal Milan” a suon di miliardi . A parlare è stato Mauro Borsano, ex parlamentare del Psi, amico di Bettino Craxi e ex presidente del Torino Calcio, che curò la vendita di Lentini nel marzo 1992, ricostruendo davanti al pm Gherardo Colombo la trattativa e soprattutto i versamenti in nero estero su estero.
Secondo Borsano il primo accordo prevedeva un prezzo ufficiale di 14 miliardi e mezzo più un anticipo di 4 miliardi in nero. Per la gestione degli accrediti Borsano si rivolge alla famiglia Aloisio, che controlla sia la Banca Albis sia la finanziaria Fimo, entrambe di Chiasso, entrando in contatto con Emilio Aloisio, consigliere della Fimo, per poi prendere accordi per il versamento con Adriano Galliani, amministratore del Milan. I primi 4 miliardi vengono depositati sulla Banca Albis nella primavera del '92. Da lì si provvede a trasferìrli alla società Cambio Corso di Torino, sempre degli Aloisio, che consegna il controvalore in titoli di Stato a Bersano. In tutto, per il contratto di Lentini, sulla Banca Albis viene versata una cifra compresa trai 6 miliardi e gli 8 miliardi e mezzo. I soldi del Milan sono arrivati dalla Banca Ubs di Chiasso, ma Borsano sospetta che non sia quella la sorgente dei fondi neri. Comunque è sorprendente l’aver scelto l’istituto ticinese, che con la Fimo era finita in inchieste varie, compresa quella dell’arresto del Lottusi solo sei mesi prima. L’unica ipotesi potrebbe essere una spudorata sfacciataggine.
“Avvenimenti” del 9 febbraio 1994 ci dice qualcosa di più di quanto abbiamo già detto sul deus ex macchina' della Fimo, Tito Tettamanti. “Uomo potentissimo, a capo di una delle più importanti lobbies  internazionali facenti capo alla Svizzera, il gruppo Saurer, Tettamanti  è al centro di una vasta rete di rapporti d'affari e d’amicizia nel mondo della finanza europea. Socio di Vittorio Ghidella (ex numero due della Fiat, indagato a Bari per truffa ai danni della Cassa del Mezzogiorno) grande amico dell’ex  vicepresidente  del Banco Ambrosiano  Orazio Bagnasco  e del  faccendiere luganese  Marco Gambazzi  (coinvolto nelle inchieste sul crac Ambrosiano, e poi gestore del “Conto Cassonetto” del giudice Diego Curtò),  legato all'Opus Dei (e al suo boss zurighese Piter Dufi, processato a Milano per concorso in ricatto ai danni di Roberto Calvi), alla Banca Karfinco (il cui presidente, Hubert Baselmagel, è stato per anni l’analista economico del gruppo di Tettamanti), a Florio Florini,  e al deus ex macchina degli affari in Medio Oriente Nadhmi S. Auchi  (coinvolto nel giro delle tangenti del gruppo Eni, ma anche punto di riferimento a  Lussemburgo per l’area di Mauro Giallombardo e Jean Faber). Un socio di Tettamanti,  John Rossi, fu incaricato da Larini e da Fiorini di opporsi alla rogatorìa italiana sul “Conto Protezione”. Alla fiduciaria di Tettamanti, la Fidinam, e alla banca a lui collegata, la Bsi (Banca della Svizzera Italiana), si rivolse il manager Pino Berfini per smistare la “madre” di tutte le tangenti del caso Enimont. Fidiname e Bsi ,inoltre, sono entrate a più riprese nella misteriosa nascita della Merchant Bank di Cagnotti & Partners,  anch”essa coinvolta nell’affare Enimont. Ma le due

BERLUSCONI 23


Martelli e Craxi risulteranno essere stati i beneficiari del conto cifrato “Protezione” 633369, aperto presso l'Unione Banche Svizzero di Lugano dal faccendiere Silvano Latini (amico di Silvio
Berlusconi, e tramite dell’incontro Berlusconi-Craxi sul finire degli anni sessanta). Nel conto
“Protezione” afflui, tra il 1980 e il 1981, una prima tangente di 7 milioni di dollari pagata dal
bancarottiere piduista Roberto Calvi con la regia del Venerabile maestro Licio Gelli. L’operazione
venne concepita all'interno della Loggia P2 , alla quale Berlusconi era affiliato, ed era a beneficio di Craxi, padrino politico della Fininvest e intimo amico di Berlusconi.

Nel novembre 1992, in seguito al fallimento della sua finanziaria svizzera Sasea Holding Sa per un
crac da 4,5 miliardi di franchi svizzeri, circa 5 mila miliardi di lire, finisce nel carcere ginevrino di
Champ Dollon per bancarotta il faccendiere italiano Florio Fiorini. Fiorini, nel 1980, era stato il
direttore finanziario dell’Eni che, con Bettino Craxi e Roberto Calvi, aveva propiziato l’operazione
piduista  “conto Protezione” mediante un finanziamento dell’Eni per 220 miliardi di lire al Banco
Ambrosiano. Ma oltre che con Craxi e la Loggia P2, “Florio Fiorini è sempre andato fiero dei suoi
rapporti di amicizia con Silvio Berlusconi. A partire dal 1989, quando si mise in testa di fare affari
nel settore dei mass media (Odeon Tv, Pathè cinema, Mgrn), Fiorini usò quei rapporti come una
specie di biglietto da visita in un mondo che gli era sconosciuto, e che poi gli è risultato fatale. Ai
tempi d’oro della sua Sasea, quando Hollywood sembrava a portata di mano, non si contano le
interviste in cui Fiorini dava per imminente l’intervento al suo fianco dell’amico Berlusconi. Da
parte sua la Fininvest di Berlusconi partecipò, in veste di finanziatore, alla disastrosa scalata alla
Mgm  tentata da Fiorini in coppia con Giancarlo Parretti”.

“ll Mondo” del 13 giugno 1994 riporta quanto dichiarato da Fiorini in un interrogatorio del l2
ottobre 1993 davanti ai magistrati di Ginevra. “Il prezzo d'acquisto definitivo di Mgm fu di 1.312
milioni di dollari. 862 milioni di dollari furono forniti direttamente dal gruppo Crédit Lyonnais. In
particolare Mgm aveva raggiunto un accordo per cedere i diritti di trasmissione dei filrn della sua
biblioteca. Tra gli acquirenti c’era anche Fininvest Spagna. Il Crédit Lyonnais di New York scontò
il contratto d’acquisto di Fininvest Spagna per 66 milioni di dollari. Riguardo altri l60 milioni
forniti dal Crédit Lyonnais  erano in parte garantiti da un impegno della Fininvest a comprare azioni Mgm per 50 milioni di dollari. Un impegno che deve essere caduto nel vuoto in quanto non risulta che la Fininvest abbia mai comprato una partecipazione azionaria della casa cinematografica americana. In un successivo interrogatorio Fiorini ha fatto notare che il Crédit Lyonnais rinunciò a far valere le garanzie fornite da Fininvest. In quelle giornate dell'ottobre 1990, che videro la scalata
di  Parretti e Fiorini a Mgm,  anche la Popolare di Novara, allora guidata da Piero Bongianino, fece la sua parte. Dei 112 milioni di dollari che rappresentavano l’impegno diretto, poi destinato ad
aumentare notevolmente, di Sasea Holding nell’operazione, circa 50 milioni di dollari furono forniti
dall’istituto piemontese. Un prestito, come confermato da Fiorini ai giudici, che era garantito dalla
stessa  Fininvest .

Comunque Fiorini non era solo legato a Berlusconi, Craxi, la P2, ma pure al boss mafioso residente a Lugano Michele Amandini,  attraverso la finanziaria Blax Corporation di Vaduz, nel paradiso fiscale del Liechtentein. Amandini è risultato, nella maxi inchiesta chiamata Nord Sud, affiliato a una organizzazione mafiosa coinvolta nel traffico d’eroina, e in alcuni sequestri di persona (ll Mondo, l8 aprile 1994). Amandini è stato in affari anche col faccendiere sardo Flavio Carboni, a sua volta in affari con Silvio Berlusconi. Come dire: tutto torna, tutto è collegato. Per quanto riguarda Fiorini, una volta nel carcere ginevrino di Champ Dollon pare passasse il tempo ad inviare alla magistratura periodici memoriali nei quali ricorreva spesso il nome di Silvio Berlusconi.
In un rapporto datato 27 novembre 1992 inviano ai vertici della polizia cantonale ticinese, il già
citato funzionario svizzero infiltrato nel narcotraffico internazionale scrive:  “Agli  inizi del 1991
alcune informazioni confidenziali rivelarono che presso la Banca Migros di Lugano venivano