«Coloro che sinceramente credono che gli Stati Uniti e l’Occidente abbiano scatenato una guerra economica contro la Russia a causa della sua posizione nei confronti dell’Ucraina, non hanno idea di quanto si sbaglino. In realtà, era tutto previsto da molto tempo, esattamente da un anno fa, quando si è tenuta una riunione a porte chiuse tra le alte autorità degli Stati Uniti e l’Arabia Saudita. Questo incontro è stato così segreto che anche il principe Bandar, capo dei servizi di intelligence sauditi, e il capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale, non ne seppero nulla.
napoleone grande
[…] Così i rappresentanti della Casa Bianca hanno proposto alle autorità saudite di far scendere i prezzi del petrolio fino al livello di 50 dollari al barile, cosa che avrebbe presumibilmente minato l’influenza dell’Iran, costringendola a fare gravi concessioni sul proprio programma nucleare, e questo era proprio quello che Riyadh voleva. “L’Aspetto russo” non era esplicitamente sottolineato, anche se una volta che la crisi in Ucraina è iniziata, il presidente Obama ne ha parlato durante la sua visita al regno. I sauditi hanno dimostrato rigidità, dal momento che il calo dei prezzi del petrolio ha colpito i programmi sociali sauditi. In queste circostanze, Washington ha dovuto ricattare l’Arabia Saudita dato che aveva accumulato prove sufficienti contro la maggior parte membri della famiglia reale saudita, tra cui su gravi violazioni dei diritti umani e comportamenti immorali, che avrebbero potuto potenzialmente portato al perseguimento della dinastia degli Al Saud. Inoltre, gli Stati Uniti hanno fornito ai loro amici sauditi rapporti di intelligence sulla presenza di migliaia di sostenitori di Hezbollah nella provincia sciita, nella parte orientale del regno, i quali potrebbero iniziare la lotta armata contro il regime wahhabita in qualsiasi momento. […]
Washington ha dovuto attendere la crisi ucraina per iniziare a far cadere i prezzi del petrolio in modo da far sì che fossero concomitanti con l’introduzione di sanzioni anti-russe. Pertanto, nel gennaio 2014 gli USA hanno iniziato a compiere numerosi sforzi per destabilizzare la situazione in Ucraina, che si è conclusa con un golpe facilitato dagli oligarchi locali. Bisogna ammettere che il rovesciamento di Victor Yanukovych e il colpo di stato che ha avuto luogo a Kiev è andato secondo i piani di Washington, ma pochi si aspettavano che Mosca prendesse una posizione ferma in Crimea, e che il sud-est dell’Ucraina fosse trasformato in un centro della resistenza contro Kiev, che ha preso il potere nel paese illegalmente per il sostegno aperto e nascosto dell’Occidente.
Il calo dei prezzi del petrolio doveva iniziare a giugno, ma in quel momento il problema di ISIL è emerso come una seria sfida per la sicurezza regionale. Pertanto, sia gli Stati Uniti che i sauditi hanno dovuto prendere misure urgenti per impedire il crollo del Medio Oriente. […]
Ma nel mese di agosto, quando lo Stato Islamico è stato stabilizzato, i funzionari della Casa Bianca hanno iniziato ad applicare ancora una volta pressioni sull’Arabia Saudita, cosa che ha provocato il forte calo del prezzo del petrolio. Il gioco sporco è iniziato quando i sauditi iniziato a vendere petrolio a un prezzo inferiore a quello di mercato, cosa che ha provocato un crollo istantaneo dei prezzi. Allo stesso tempo, Washington ha annunciato la sua disponibilità a inondare i mercati con il suo petrolio di scisto, anche se queste affermazioni erano false, dal momento che l’attuale riserve di scisti degli Stati Uniti sono la metà di quelle annunciate. […]
Bisogna ammettere che gli esperti economici russi e i dipartimenti finanziari sono andati in panico per un breve lasso di tempo. Ad un certo punto sembrava che il rublo stesse per sgretolarsi. Ma poi la situazione è cambiata. Il Regno Unito, che stava giocando un ruolo nel complotto contro la Russia, ha annunciato che il costo di produzione di petrolio nel Mare del Nord non ha permesso loro di ottenere più di 2 dollari di profitto per barile venduto. British Petroleum ha dato l’allarme, annunciando che era sul punto di fermare la produzione di petrolio. E c’è ancora la Norvegia, che estrae petrolio nel Mare del Nord. Gli alleati europei degli Stati Uniti hanno perso la voglia di pagare per le ambizioni politiche di Washington, che era impaziente di andare contro Mosca. Ma ciò che è ancora più importante – il regno saudita ha cominciato a sgretolarsi. Una ondata di attentati terroristici ha colpito la Provincia Orientale, mentre il conflitto sciiti-sunniti è diventato più teso. La classe dirigente locale, che ha visto crollare i propri redditi, ha iniziato a diventare sempre più frustrata dalle azioni della famiglia Al Saud. Un drastico calo dei finanziamenti della sicurezza sociale ha provocato massicci disordini tra la gente comune del Paese. In questo contesto, l’ISIL ha annunciato che sta ampliando la sua area operativa all’Arabia Saudita. I pilastri dell’economia della Russia non sono crollati, quindi Barack Obama è rimasto con niente di meglio da fare che guardare il rafforzarsi del rublo e la graduale stabilizzazione economica in Russia. Di sicuro, Mosca e russi hanno pagato il prezzo per la dipendenza della Russia sulle vendite di petrolio e gas. Ma a questo punto non c’è politico russo che si faccia illusioni circa la natura delle azioni degli Stati Uniti e le azioni dei suoi alleati europei e sauditi. […] A partire da ora, l’Arabia Saudita sta seguendo un percorso che può portare solo al collasso del regime al potere. L’America è pronta a sacrificare il suo alleato solo per cercare di danneggiare un altro po’ l’economia russa1
Ci si perdoni la lunga citazione, ma era necessaria. In questi giorni, infatti, abbiamo assistito con un misto di rassegnato divertimento e di disgusto, all’ennesimo psicodramma in casa russofila (dei wishful thinking in casa americanista taciamo per riguardo alla decenza); la «crisi» del rublo e il crollo dei prezzi del petrolio, che per poco non hanno indotto una serie di suicidi alla Mishima (e forse non sarebbe stato un male!) o un’emigrazione in massa in Corea del Nord o a Cuba.
Occorre guardare le cose per come sono, non per come vorremmo che fossero. E le cose stanno così: da una parte c’è troppa emotività, dall’altra anche i più accaniti antiamericani in verità sono profondamente intrisi di americanismo. Non nel senso che siano venduti, corrotti, etc, ma solo che, inconsciamente, sono davvero convinti che gli USA siano un Paese speciale e, come tale, invincibile, indistruttibile, addirittura sempre vittorioso (Corea, Vietnam, Cuba, Siria e, recentemente, Ucraina, sono lì a testimoniare i loro numerosi fallimenti).
Paradossalmente, i russi, che pure erano investiti dalla bufera, hanno mantenuto in generale una calma olimpica, mentre gli italiani russofili (sugli americanofili stendiamo l’ennesimo velo pietoso) erano in preda a una sequela di crisi isteriche (una dietro l’altra). Ancora, altrettanto paradossalmente, forse gli americani sono meno convinti dell’onnipotenza americani, rispetto agli antiamericani stessi!
In realtà, facemmo notare (con commenti su Facebook) che la questione presente ci pareva sin dall’inizio la classica tempesta in un bicchier d’acqua (e lo era, ma non così l’hanno percepita i molti); questo per numerose ragioni, che elencheremo in ordine sparso:
  1. L’economia russa era comunque solida, avendo poco o punto debito estero
  2. Si trattava di una tempesta speculativa: mantenendo la calma era possibile uscirne fuori, perché quel calo NON corrispondeva al valore reale del rublo (cosa che i cinesi hanno sottolineato sin da subito)
  3. La leadership russa è meno stupida di come la fanno detrattori e amici nervosi, e quindi sapevano di che si trattava e di certo sapevano che occorre mantenere la calma, come quando si incontra un serpente velenoso.
  4. La Cina si era appena legata per 30 anni alla Russia (per il gas, 25 per il petrolio). Poi c’erano i BRICS, la SCO, etc. Difficile che i cinesi, tra l’altro sempre più in sintonia con la Russia (dall’Ucraina, alla Corea del Nord), e poi stupidamente attaccati dagli americani (tentato golpe di Hong-Kong, oltre ai continui proclami sediziosi del Dalai Lama) lascino che Washington distrugga il loro principale alleato, nonché fornitore energetico (ma anche militare). Senza contare che, una volta eliminata Mosca, Pechino diverrebbe il nuovo bersaglio principale. Quindi i cinesi, in caso di bisogno, sarebbero intervenuti, e addio speculazione.
    I fatti ci hanno dato ragione: la Cina ha offerto il proprio aiuto alla Russia2.
«Nei giorni scorsi, quando il rublo arrivò a sprofondare a un tasso di cambio di 80 contro il dollaro e 100 contro l’euro, vi avevamo documentati delle indiscrezioni, secondo le quali la Banca di Russia stesse vendendo l’oro delle riserve, in modo da sostenere la valuta. In tale direzione è andato un paio di giorni fa anche un report di Société Générale, che ipotizzava una cessione di oro a dicembre.
Ma i dati rilasciati dalla stessa banca centrale russa sembrerebbero andare nella direzione opposta: a novembre ha acquistato altre 600.000 once di oro, ossia altre più di 17 tonnellate, portando le riserve complessive di lingotti a 1.182 tonnellate, che al prezzo attuale di 1.197 dollari l’oncia varrebbero 45,7 miliardi di dollari, oltre il 10% del valore totale delle riserve dell’istituto.
[…]
D’altronde, non si capirebbe altrimenti la politica di Mosca, che non esporta all’estero oro fisico, mentre la banca centrale acquista l’oro prodotto nella nazione, sebbene sia realistico ipotizzare che lo compri, in alcuni periodi, anche sui mercati internazionali.
Stamane, il rublo ha guadagnato oltre il 4%, dopo che il ministro degli Esteri della Cina, Wang Yi, ha aperto al sostegno del rublo, dichiarando che tra il suo paese sarebbe pronto ad ampliare le operazioni di swap tra le rispettive valute e che molti più scambi potrebbero da ora in poi essere regolati in yuan, la valuta cinese, in modo da non passare per il dollaro.
L’annuncio è molto importante, perché sottolinea la volontà di Pechino di non consentire che l’Occidente danneggi eccessivamente Mosca. Ricordiamoci che il governo cinese è intervenuto in questi mesi anche in soccorso di altri due paesi, tempestati da una crisi valutaria, Argentina e Venezuela, concedendo loro prestiti, in modo da aumentare le relative riserve.
Al momento, il cambio tra rublo e dollaro è di 56,46, mentre un’unità della moneta unica si scambia contro 69,25 rubli.»3
In altre parole, questa crisi (e, lo ricordiamo, il carattere cinese per «crisi» è lo stesso usato per la parola «opportunità») come anche quella ucraina, siriana, nord coreana, il tentato (e miseramente fallito) golpe di Hong Kong, etc, non farà altro che avvicinare ulteriormente Russia e Cina. I russi hanno sofferto? Certo, ma non hanno subito una sconfitta decisiva, tutt’altro: si profila all’orizzonte una vittoria strategica. Dopo l’esultanza iniziale di americani e persone a essi soggetti, in parecchi, in occidente, finiranno per strapparsi i capelli. Una vittoria tattica spesso, molto spesso, può trasformarsi in una catastrofe strategica. Napoleone, Hitler, Carlo XII di Svezia, tutti bravissimi a vincere battaglie, poi persero la guerra proprio contro i russi. L’esempio più eclatante è quello della battaglia di Borodino, vinta da Napoleone, seppure soffrendo perdite micidiali, che però non distrusse del tutto le forze russe, né tanto meno piegò la loro volontà di proseguire la lotta. Il giorno dopo la battaglia, il Generale Kutusov, comandante delle forze russe, si ritirò con ordine, per ricostituire le forze. Di lì a poco, nonostante la presa di Mosca, i francesi furono costretti a ritirarsi. Il resto è storia, e Napoleone nonostante le battaglie vinte, perse l’impero.