Amministratore Antonio Alla
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Rinascita Terracina: IL DIRITTO DI INFORMARE PER COMPRENDERE E RESIST...: La Cina Esclude il Dollaro USA Dagli Scambi con Russia, Malesia E NUOVA ZELANDA, dicembre 29 Molte fra le recenti guer...
IL DIRITTO DI INFORMARE PER COMPRENDERE E RESISTERE.
La Cina Esclude il
Dollaro USA Dagli Scambi con Russia, Malesia
E NUOVA ZELANDA,
dicembre 29
Molte fra le recenti guerre
hanno avuto un solo grande filo conduttore, la difesa del dollar standard
Botto di fine anno sul mercato valutario, e forse è spiegato
lo “strano” rialzo dell’oro di ieri.
La Cina di fatto ha annunciato l’inizio della convertibilità
mondiale dello Yuan con la più massiccia de-dollarizzazione da quando il mondo
ha adottato il dollar-standard. Dal 29 Dicembre, gli scambi fra Cina e Russia,
Malesia e Nuova Zelanda potranno essere fatti direttamente fra le valute locali
saltando il dollaro.
La notizia è epocale anche se ampiamente attesa ed è solo il
primo passo. Facciamo notare che la Cina opera in questo modo:
1.
Apre
accordi di Swap con le banche centrali
2.
Fa
accordi di commercio diretto in Yuan contro valuta locale
La Cina ha già accordi di Swap con Inghilterra e Svizzera da
queste parti e con l’Australia nell’area del pacifico, potete scommettere che
seguiranno accordi per il commercio diretto pagati in Yuan-Sterlina e
Yuan-Franco Svizzero
Ci saranno scossoni sui
mercati?
Non
nell’immediato, diciamo che la Russia in questo momento
è il maggior beneficiario di questo nuovo regime, eventuali minacce per
escluderla dal sistema Swift sono già attenuate e il Rublo diventa
immediatamente una valuta rilevante per gli scambi internazionali. Per il
dollaro bisogna essere pazienti, ma attenzione:
Migliaia di
aziende, a tempo debito ridurranno la loro quota di dollari come capitale
circolante e aumenteranno la quota di Rubli, Yuan, dollari NeoZelandesi e
Ringitt. Gran parte della forza del dollaro risiede appunto nella necessità
operativa delle aziende di detenerne un po’ come capitale circolante per far
fronte ai pagamenti in dollari.
Dal 29 dicembre gli
scambi commerciali tra Cina e Russia si svolgeranno in moneta locale. A partire
da questa data, gli scambi commerciali in valuta locale si svolgeranno non solo
con Russia, ma anche con Malesia e Nuova Zelanda. Così lo ha annunciato venerdì il CFETS, China Foreign Exchange Trade System, una sorta di
ente cinese per il commercio
internazionale.
Il CFETS è un
ente della Banca del Popolo, la Banca Centrale della Cina, fondato il 18 aprile
del 1994 per operare nell’ambito del commercio
internazionale ed è di sua competenza tutto ciò che riguarda i mercati e le
politiche monetarie. Ebbene ieri ha fatto questo importante annuncio. La Cina
in sostanza spera di imporre, nel commercio internazionale la sua moneta, il
Yuan come alternativa al dollaro statunitense. In sostanza si tratta di un ulteriore
passo per arrivare a questo obiettivo.
E’ sempre di
oggi, 26 dicembre, la notizia che la Banca Centrale della Serbia ha deciso di
accettare il yuan negli scambi commerciali tra il suo paese e la Cina,
considerando i crescenti legami economici tra i due stati. La decisione di oggi
fa seguito a quanto stabilito nel recente incontro fra Li Keqiang, primo
ministro cinese e Aleksandar Vucic, primo ministro della Serbia.
All’inizio di
dicembre, il Ministro del Commercio
cinese, Gao Hucheng, aveva affermato che la Cina avrebbe aumentato l’utilizzo
del yuan nel commercio bilaterale con la
Russia e con altri paesi; ciò si deve appunto al progetto della Cina di
incrementare l’uso delle monete nazionali negli scambi commerciali
internazionali al fine precisamente di indebolire il dollaro e promuovere la
propria moneta.
Indubbiamente ci
sono molteplici vantaggi nell’usare negli scambi commerciali internazionali le
monete nazionali, invece del dollaro; innanzitutto l’assenza di oneri per la
conversione delle valute, i pagamenti diretti e la maggiore trasparenza nei
rapporti tra le banche.
Rinascita Terracina: IL DIRITTO DI ESSERE INFORMATI.
Rinascita Terracina: IL DIRITTO DI ESSERE INFORMATI.: Scoperto documento ufficiale Usa! Ecco come Obama? - O I VERI POTERI FORTI,- VOGLIONO spingerci alla 3 guerra mondiale ...
IL DIRITTO DI ESSERE INFORMATI.
Scoperto documento ufficiale Usa! Ecco come Obama? - O I VERI POTERI FORTI,-
VOGLIONO spingerci alla 3 guerra mondiale
ALTRI FATTI DI
CRONACA ESTERA
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Scoperto
un documento ufficiale del Senato americano!Era previsto lo scenario attuale! Ecco
come Obama ci vuole spingerci alla 3 guerra mondiale e il perchè.
Il piano, depositato il 22 maggio al
Senato Usa, prevedeva già il conflitto ucraino e la reazione della
Nato.
Si chiama S2277, ed è un documento
ufficiale del Senato americano, depositato il 1° Maggio scorso da 22 senatori
repubblicani. Il titolo è Russian Aggression Prevention Act e la sua
funzione è di «prevenire ulteriori aggressioni della Russia all’Ucraina e
ad altri Paesi dell’Europa e dell’Eurasia».
In pratica, il documento è la pianificazione di come avverrà la guerra alla
Russia e di come gli Stati Uniti la stanno preparando.
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Ciò che in questi giorni sta attuando la Nato in Polonia, in Romania e nei Paesi Baltici è solo un inizio già scritto in questo documento, che aiuta a capire com’è stata programmata l’escalation militare contro la Russia. Il documento affronta tre aree di intervento: rafforzamento della Nato, azioni di deterrenza contro «ulteriori aggressioni russe in Europa», difesa dell’Ucraina e di altri Stati europei ed euroasiatici. Il rafforzamento della Nato si concentra soprattutto su due azioni: 1) aumento «sostanziale» delle capacità militari di Polonia e repubbliche baltiche attraverso lo stanziamento «permanente» di forze Nato in questi paesi (quello che sta accadendo in questi giorni); 2) completamento del programma Bmd ( Ballistic Missile Defence ) attraverso la dislocazione nell’Europa orientale di sistemi missilistici. Non è un caso che, nel giugno scorso, Obama si sia recato a Varsavia per annunciare un miliardo di dollari in spese militari aggiuntive, oltre che in Polonia, anche nei paesi vicini direttamente minacciati dall’espansionismo russo: «Il nostro impegno per la sicurezza della Polonia e la sicurezza dei nostri alleati in Europa centrale e orientale, è una pietra angolare della nostra sicurezza nazionale», ha detto. La deterrenza prevede: 1) intervento di Washington su Bruxelles, affinché sia velocizzato l’ingresso di Ucraina, Georgia e Moldavia nell’Ue, al fine di «consolidare la loro democrazia»; 2) impegno degli Usa a condizionare la partecipazione della Russia al G8 e alla Banca mondiale, se Mosca non rispetterà «l’integrità territoriale dei suoi vicini e non accetterà di aderire agli standard delle società democratiche»; 3) sanzioni da applicare non solo al governo russo ma anche a cittadini e organizzazioni russe, compresi i familiari di funzionari responsabili di atti di illegalità contro l’Ucraina e i paesi aggrediti; 4) finanziamenti a Ong e organizzazioni umanitarie che dovranno agire per «migliorare la governance democratica nella Federazione russa», cioè la stessa strategia utilizzata in Ucraina per destabilizzare il governo. Clicca su MI PIACE per seguirci su Facebook
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Ciò che in questi giorni sta attuando la Nato in Polonia, in Romania e nei Paesi Baltici è solo un inizio già scritto in questo documento, che aiuta a capire com’è stata programmata l’escalation militare contro la Russia. Il documento affronta tre aree di intervento: rafforzamento della Nato, azioni di deterrenza contro «ulteriori aggressioni russe in Europa», difesa dell’Ucraina e di altri Stati europei ed euroasiatici. Il rafforzamento della Nato si concentra soprattutto su due azioni: 1) aumento «sostanziale» delle capacità militari di Polonia e repubbliche baltiche attraverso lo stanziamento «permanente» di forze Nato in questi paesi (quello che sta accadendo in questi giorni); 2) completamento del programma Bmd ( Ballistic Missile Defence ) attraverso la dislocazione nell’Europa orientale di sistemi missilistici. Non è un caso che, nel giugno scorso, Obama si sia recato a Varsavia per annunciare un miliardo di dollari in spese militari aggiuntive, oltre che in Polonia, anche nei paesi vicini direttamente minacciati dall’espansionismo russo: «Il nostro impegno per la sicurezza della Polonia e la sicurezza dei nostri alleati in Europa centrale e orientale, è una pietra angolare della nostra sicurezza nazionale», ha detto. La deterrenza prevede: 1) intervento di Washington su Bruxelles, affinché sia velocizzato l’ingresso di Ucraina, Georgia e Moldavia nell’Ue, al fine di «consolidare la loro democrazia»; 2) impegno degli Usa a condizionare la partecipazione della Russia al G8 e alla Banca mondiale, se Mosca non rispetterà «l’integrità territoriale dei suoi vicini e non accetterà di aderire agli standard delle società democratiche»; 3) sanzioni da applicare non solo al governo russo ma anche a cittadini e organizzazioni russe, compresi i familiari di funzionari responsabili di atti di illegalità contro l’Ucraina e i paesi aggrediti; 4) finanziamenti a Ong e organizzazioni umanitarie che dovranno agire per «migliorare la governance democratica nella Federazione russa», cioè la stessa strategia utilizzata in Ucraina per destabilizzare il governo. Clicca su MI PIACE per seguirci su Facebook
Rinascita Terracina: IL DIRITTO DI ESSERE INFORMATI :POLITICI ITALIANI ...
Rinascita Terracina: IL DIRITTO DI ESSERE INFORMATI :POLITICI ITALIANI ...: UCRAINA: George Soros a CNN – “Ho finanziato io il colpo di stato” INVIATO DA CAMBIAILMONDO ⋅ 02/08/2014 ⋅ 1 COMMENTO ARCHIVI...
IL DIRITTO DI ESSERE INFORMATI : HO FINANZIATO IO IL COLPO DI STATO: POLITICI ITALIANI ED EUROPEI : S V E G L I A T E V I S U B I T O, PERCHE' POTREBBE ESSERE TROPPO TARDI.
UCRAINA: George Soros a CNN – “Ho finanziato io il colpo di stato”
NEW YORK – Lo scorso fine settimana il miliardario nordamericano George Soros ha rivelato a Fareed Zakaria della CNN di essere responsabile della creazione di una fondazione in Ucraina che ha contribuito al colpo di Stato contro il presidente Viktor Ianukovitch e all’insediamento di una giunta sostenuta dagli Stati Uniti. “Ho creato una fondazione in Ucraina prima che il paese diventasse indipendente dalla Russia. Questa fondazione ha continuato a operare e ha avuto un ruolo importante negli eventi recenti – ha spiegato Soros.
E’ noto, malgrado non se ne parli, che George Soros ha lavorato in stretta collaborazione con l’USAID, la National Endowment for Democracy (Fondazione nazionale per la democrazia, che fa il lavoro che una volta veniva fatto dalla CIA), l’International Republican Institute, il “National Democratic Institute for International Affairs” e la Freedom House allo scopo di far scoppiare una serie di rivoluzioni nell’Europa dell’est e nell’Asia centrale, dopo il crollo programmato dell’Unione Sovietica.
Molti partecipanti alle manifestazioni di Piazza Maidan a Kiev erano membri delle ONG fondate da Soros o addestrati da queste stesse ONG in seminari e conferenze sponsorizzate dall’International Renaissance Foundation (IRF) di Soros e dai suoi numerosi istituti e fondazioni Open Society.
L’IRF, fondata e finanziata da Soros, si vanta di aver ricevuto più donazioni di tutte le altre organizzazioni per attuare la trasformazione “democratica” dell’Ucraina.
In aprile era stato annunciato che Andriy Parubiy e altri leader implicati nel colpo di Stato lavoravano con la CIA e l’FBI per sconfiggere e uccidere i separatisti che si opponevano alla giunta di Kiev. Attualmente Parubiy è capo del Consiglio di sicurezza e di difesa nazionale dell’Ucraina.
In aprile era stato annunciato che Andriy Parubiy e altri leader implicati nel colpo di Stato lavoravano con la CIA e l’FBI per sconfiggere e uccidere i separatisti che si opponevano alla giunta di Kiev. Attualmente Parubiy è capo del Consiglio di sicurezza e di difesa nazionale dell’Ucraina.
Ora che il miliardario Petro Poroshenko è il nuovo presidente del paese, i tentativi di schiacciare l’opposizione nell’est si intensificheranno. Poroshenko è quasi la scelta perfetta per i mondialisti e l’Unione europea. Faceva parte del Consiglio della Banca nazionale ucraina e ha collaborato con il Fondo monetario internazionale.
“Il posizionamento delle forze aeree e terrestri della Nato vicino alla frontiera russa nell’Europa dell’est e il viaggio di Barack Obama, destinato a rinforzare l’influenza americana in Asia, hanno un solo obiettivo – scriveva il giornalista Wayne Madsen all’inizio di luglio – Le forze visibili e invisibili che dettano la politica a Washington, Londra, Parigi, Berlino e altre capitali servili, hanno deciso di schiacciare i BRICS, l’emergente blocco finanziario che raggruppa Brasile, Russia, India, Cina e sud Africa.”
Rinascita Terracina: Che cosa stanno pensando quei nani intellettuali c...
Rinascita Terracina: Che cosa stanno pensando quei nani intellettuali c...: Anche di fronte a ciò che in ogni aspetto si presenta come una tempesta perfetta, il presidente Putin si è prodotto in una prestazione es...
Che cosa stanno pensando quei nani intellettuali che sciamano intorno all’ amministrazione dell’anatra zoppa Obama? Che possano vendere all’opinione pubblica americana – e mondiale – l’idea che Washington (i barboncini europei, in realtà) saprà affrontare una guerra nucleare, nel teatro europeo, in nome dello Stato fallito Ucraina?
Anche di fronte a ciò che in ogni aspetto si presenta come una tempesta perfetta, il presidente Putin si è prodotto in una prestazione estremamente misurata nel corso della sua conferenza stampa annuale e nella maratona di botta e risposta.
La tempesta perfetta si evolve su due fronti; una guerra economica palese – come in un assedio tramite sanzioni – e un attacco ombra concertato, sotto copertura, rivolto al cuore dell’economia russa.
La tempesta perfetta si evolve su due fronti; una guerra economica palese – come in un assedio tramite sanzioni – e un attacco ombra concertato, sotto copertura, rivolto al cuore dell’economia russa.
L’obiettivo finale di Washington è chiaro: impoverire e snervare l’avversario fino a costringerlo a piegarsi docilmente ai capricci dell’«Impero del Caos». E vantarsi di questo in tutti i modi fino alla “vittoria”.
Il problema, però, è che succede che a Mosca abbiano decifrato in maniera impeccabile il gioco: già in precedenza Putin, al Valdai Club di ottobre, aveva ben inquadrato la dottrina Obama nei termini che “i nostri partner occidentali” stanno lavorando come praticanti della “teoria del caos controllato”.
Il problema, però, è che succede che a Mosca abbiano decifrato in maniera impeccabile il gioco: già in precedenza Putin, al Valdai Club di ottobre, aveva ben inquadrato la dottrina Obama nei termini che “i nostri partner occidentali” stanno lavorando come praticanti della “teoria del caos controllato”.
Così Putin ha nettamente compreso l’attacco-monstre tramite il caos controllato di questa settimana. L’Impero ha un potere monetario enorme; una grande influenza sul PIL mondiale da 85 miliardi di dollari, e il potere bancario che sta dietro tutto ciò. Quindi niente di più facile che usare questo potere attraverso i sistemi di private banking che di fatto controllano le banche centrali per incasinare il rublo. Pensate al sogno dell’«Impero del Caos» di abbassare il rublo del 99% o giù di lì – distruggendo in tal modo l’economia russa. Quale modo migliore per imporre la disciplina imperiale alla Russia?
L’opzione “nucleare”
La Russia vende petrolio in dollari USA all’Occidente. La Lukoil, per esempio, avrebbe un deposito in dollari presso una banca americana per il petrolio che vende. Se la Lukoil deve pagare i salari in rubli in Russia, poi dovrà vendere i depositi in dollari USA e acquistare in Russia un deposito in rubli per il suo conto in banca. Questo in effetti sostiene il rublo. La questione è se Lukoil, Rosneft e Gazprom stiano accumulando dollari all’estero – trattenendoli. La risposta è no. E lo stesso vale per le altre imprese russe.
La Russia non sta “perdendo i propri risparmi”, come gongolano i grandi media commerciali occidentali. La Russia può sempre richiedere alle società straniere di trasferirsi in Russia. La Apple, per esempio, può aprire uno stabilimento di produzione in Russia. I recenti accordi fra Russia e Cina includono l’industria costruttiva cinese in Russia. Con un rublo deprezzato, la Russia è in grado di obbligare una produzione manifatturiera che poteva essere localizzata nella UE a localizzarsi in Russia; altrimenti queste aziende perdono il mercato. Putin in qualche modo ha ammesso che la Russia avrebbe dovuto pretendere questo molto prima. Il (positivo) processo è ormai inevitabile.
La Russia vende petrolio in dollari USA all’Occidente. La Lukoil, per esempio, avrebbe un deposito in dollari presso una banca americana per il petrolio che vende. Se la Lukoil deve pagare i salari in rubli in Russia, poi dovrà vendere i depositi in dollari USA e acquistare in Russia un deposito in rubli per il suo conto in banca. Questo in effetti sostiene il rublo. La questione è se Lukoil, Rosneft e Gazprom stiano accumulando dollari all’estero – trattenendoli. La risposta è no. E lo stesso vale per le altre imprese russe.
La Russia non sta “perdendo i propri risparmi”, come gongolano i grandi media commerciali occidentali. La Russia può sempre richiedere alle società straniere di trasferirsi in Russia. La Apple, per esempio, può aprire uno stabilimento di produzione in Russia. I recenti accordi fra Russia e Cina includono l’industria costruttiva cinese in Russia. Con un rublo deprezzato, la Russia è in grado di obbligare una produzione manifatturiera che poteva essere localizzata nella UE a localizzarsi in Russia; altrimenti queste aziende perdono il mercato. Putin in qualche modo ha ammesso che la Russia avrebbe dovuto pretendere questo molto prima. Il (positivo) processo è ormai inevitabile.
E poi c’è un’opzione “nucleare” – di cui Putin non ha nemmeno bisogno di parlare. Se la Russia decide di imporre controlli sui capitali e/o impone una “vacanza” sul rimborso delle più grosse tranches del debito in scadenza nei primi mesi del 2015, il sistema finanziario europeo sarà bombardato – in pieno stile “colpisci e sgomenta” (nell’originale: Shock and Awe, NdT); dopo tutto, gran parte del finanziamento bancario e societario russo è stato sottoscritto in Europa.
L’esposizione alla Russia di per sé non è il problema; ciò che conta è il collegamento alle banche europee. Come mi ha detto un banchiere d’investimento americano, la Lehman Brothers, per esempio, ha portato giù l’Europa così come New York City – basandosi sulle interconnessioni. Eppure Lehman aveva sede a New York. È l’effetto domino che conta.
Se la Russia schierasse questa opzione finanziaria “nucleare”, il sistema finanziario occidentale non sarebbe in grado di assorbire uno shock dovuto all’insolvenza. E questo dimostrerebbe – una volta per tutte – che gli speculatori di Wall Street hanno costruito un “castello di carte” talmente fragile e corrotto che alla prima vera tempesta si trasformerà in polvere.
Se la Russia schierasse questa opzione finanziaria “nucleare”, il sistema finanziario occidentale non sarebbe in grado di assorbire uno shock dovuto all’insolvenza. E questo dimostrerebbe – una volta per tutte – che gli speculatori di Wall Street hanno costruito un “castello di carte” talmente fragile e corrotto che alla prima vera tempesta si trasformerà in polvere.
È appena a un colpo di distanza.
E cosa succede se la Russia va in default, creando un monumentale pasticcio per via dei 600 miliardi di dollari del debito del paese? Questo scenario è possibile leggerlo quando vediamo i Padroni dell’Universo dire a Janet Yellen e a Mario Draghi di creare crediti nei sistemi bancari per evitare un “danno ingiusto”: come nel 2008.
Ma poi la Russia decide di tagliare il gas naturale e il petrolio all’Occidente (mentre mantiene il flusso verso l’Oriente). I servizi russi possono causare il caos non-stop nelle stazioni di pompaggio dal Maghreb al Medio Oriente. La Russia può bloccare tutto il petrolio e il gas naturale pompato nei paesi “-stan” dell’Asia centrale . Il risultato: il più grande crollo finanziario della storia. E la fine della panacea eccezionalista dell’«Impero del Caos».
E cosa succede se la Russia va in default, creando un monumentale pasticcio per via dei 600 miliardi di dollari del debito del paese? Questo scenario è possibile leggerlo quando vediamo i Padroni dell’Universo dire a Janet Yellen e a Mario Draghi di creare crediti nei sistemi bancari per evitare un “danno ingiusto”: come nel 2008.
Ma poi la Russia decide di tagliare il gas naturale e il petrolio all’Occidente (mentre mantiene il flusso verso l’Oriente). I servizi russi possono causare il caos non-stop nelle stazioni di pompaggio dal Maghreb al Medio Oriente. La Russia può bloccare tutto il petrolio e il gas naturale pompato nei paesi “-stan” dell’Asia centrale . Il risultato: il più grande crollo finanziario della storia. E la fine della panacea eccezionalista dell’«Impero del Caos».
Naturalmente questo è uno scenario apocalittico. Ma non provocare l’orso, perché l’orso potrebbe realizzarlo in un attimo.
Putin in occasione della sua conferenza stampa era così freddo, calmo, raccolto – e desideroso di approfondire i dettagli – perché sa che Mosca è in grado di muoversi in totale autonomia. Questa è – ovviamente – una guerra asimmetrica: contro un impero fatiscente e pericoloso. Che cosa stanno pensando quei nani intellettuali che sciamano intorno all’ amministrazione dell’anatra zoppa Obama? Che possano vendere all’opinione pubblica americana – e mondiale – l’idea che Washington (i barboncini europei, in realtà) saprà affrontare una guerra nucleare, nel teatro europeo, in nome dello Stato fallito Ucraina?
Questo è un gioco di scacchi. Il raid contro il rublo doveva essere uno scacco matto. Non lo è. Non quando viene schierato da giocatori dilettanti di Scarabeo. E non dimenticate il partenariato strategico Russia-Cina. La tempesta può essere in diminuzione, ma la partita continua.
Putin in occasione della sua conferenza stampa era così freddo, calmo, raccolto – e desideroso di approfondire i dettagli – perché sa che Mosca è in grado di muoversi in totale autonomia. Questa è – ovviamente – una guerra asimmetrica: contro un impero fatiscente e pericoloso. Che cosa stanno pensando quei nani intellettuali che sciamano intorno all’ amministrazione dell’anatra zoppa Obama? Che possano vendere all’opinione pubblica americana – e mondiale – l’idea che Washington (i barboncini europei, in realtà) saprà affrontare una guerra nucleare, nel teatro europeo, in nome dello Stato fallito Ucraina?
Questo è un gioco di scacchi. Il raid contro il rublo doveva essere uno scacco matto. Non lo è. Non quando viene schierato da giocatori dilettanti di Scarabeo. E non dimenticate il partenariato strategico Russia-Cina. La tempesta può essere in diminuzione, ma la partita continua.
Fonte. RT.com
Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras
MINISTRO GENTILONI, LEI E' STATO A RIGA E, NON CI RISULTA CHE ABBIA SPESO UNA PAROLA PER SOLLEVARE IL PROBLEMA DEI NON CITTADINI: SI VERGOGNI.
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Aleksandr Filei ha un passaporto strano. Ha una copertina di colore diverso dagli altri e sopra c’è scritto nepilson, «non cittadino». Aleksandr è nato e vive in Lettonia, ma non è cittadino lettone, né di nessun altro Paese. È un soggetto con uno status nuovo, che in queste proporzioni non esiste da nessun’altra parte del mondo. «Ci sentiamo come se fossimo stati privati di qualcosa», dice Aleksandr, «E questo passaporto viola è un simbolo del furto, un marchio». Come lui ci sono almeno 300mila persone in Lettonia che non possiedono alcuna cittadinanza, circa il 14% dell’intera popolazione (ma che arrivano a più del 20% nella capitale, Riga). Non sono apolidi, ma nemmeno cittadini di uno Stato estero, sono piuttosto cittadini di uno Stato fantasma, uno Stato che da vent’anni non esiste più, l’Unione Sovietica.
SCARTI DELLA STORIA I nepilson sono un drop out della Storia, vite macinate tra le maglie dei grandi avvenimenti del XX secolo, un problema che affonda le radici nella disgregazione dell’Urss e nel risentimento dei lettoni per un’occupazione durata cinquant’anni. Dopo la fine del conflitto mondiale, con i confini disegnati a Jalta dai vincitori, molti furono i russi che andarono a vivere nella nuova repubblica sovietica, anche a causa della politica staliniana di russificazione della regione baltica. I nuovi arrivati e i lettoni erano però uguali davanti alla legge, cittadini sovietici, e in fondo nulla a parte la lingua madre distingueva loro e, soprattutto, i loro figli nati lì, che frequentavano le stesse scuole e università e prestavano il servizio di leva nello stesso esercito. Questo fino al 1991. Con l’indipendenza dall’Urss il problema si materializzò d’un colpo sotto forma di leggi draconiane sulla naturalizzazione, insormontabili ostacoli burocratici e, appunto, un passaporto con la copertina viola. La corsa a costruire un nuovo Paese da zero pose altre priorità - l’economia, le infrastrutture, l’adesione alle organizzazioni internazionali - e la questione delle minoranze scivolò in fondo all’agenda dei governi. Una legge del 1995 ha infine confinato gli ex cittadini sovietici non lettoni nel limbo della «non cittadinanza», che dura ancora oggi. «Nel 1991, durante la lotta per l’indipendenza, il Fronte nazionale lettone promise la cittadinanza a tutti quelli che avrebbero appoggiato l’indipendenza del Paese - dice Aleksandr -. Siamo stati traditi, anche quelli di noi che si sono battuti contro l’Urss. Siamo stati abbandonati». Aleksandr è tra i compilatori di una proposta di legge supportata dal partito di sinistra Zapcˇel per il riconoscimento automatico della cittadinanza a tutti i non cittadini, ma nella vita fa la guida turistica. «Non possiamo fare un sacco di lavori, moltissime carriere pubbliche ci sono precluse: giudice, avvocato, poliziotto. Non posso neanche lavorare come guardia giurata». Sono circa una trentina i lavori negati ai nepilson, secondo il Comitato lettone per i diritti umani Lck, ma sono ben ottanta le differenze tra cittadini e non cittadini se si contano tutte le limitazioni dei diritti, dal diritto di voto all’impossibilità di acquistare alcune proprietà immobiliari. È una lunga lista di discriminazioni. UNA QUESTIONE DI NOMI Juri Petropavlovski è un nepilson. È nato a Riga 57 anni fa, la sua famiglia è originaria della Siberia ma è trapiantata in Lettonia da due generazioni. «Qualunque cittadino dell’Ue, dopo sei mesi di residenza in Lettonia può comprare un immobile, io no». Si arriva a risvolti grotteschi: Louie Fontaine, un cantante danese, e perciò cittadino dell’Ue, è proprietario di un hotel a Liepaja, a 200 chilometri da Riga, ed è stato eletto nel consiglio comunale di quella città. «Io non potrei neanche candidarmi, né a Liepaja né altrove». La questione burocratica affonda in quella etnica, sovrapponendosi in parte a essa, ma creando anche molta confusione. «Tutto si basa sulla distinzione tra persone di etnia lettone, che vengono chiamati lat, e di etnia russa, che sono chiamati semplicemente russi. Questo crea una grande malinteso, perché sembra che noi minoranza russofona siamo arrivati in Lettonia dalla Russia, come fossimo stranieri. Ma non è così, noi siamo nati qui, proprio come le persone di etnia lettone». Per spiegarlo meglio, Juri deve fare ricorso alla propria lingua. «In russo la distinzione è meno marcata e più chiara allo stesso tempo, perché usa parole con la stessa radice: latyš per le persone di origini lettoni, e latviets per le minoranze etniche nate e vissute qui, legate al territorio della Lettonia. Il punto è proprio questo: lat e russofoni sono entrambi lettoni». Juri si è visto rigettare la domanda per l’acquisto della cittadinanza dopo aver preso parte alle proteste contro una riforma della scuola che avrebbe cancellato l’insegnamento del russo. «Nel mio caso, è stato stabilito che l’acquisto della cittadinanza è basato sulla “lealtà politica”. Non esiste in nessun Paese democratico che si condizionino i diritti civili di una persona alla lealtà verso una qualsiasi parte politica». Ha intentato una causa che è arrivata fino alla Corte suprema senza che venisse presa una decisione. Lo scorso settembre la proposta di legge stilata dagli attivisti di Zapcˇel ha raccolto le firme necessarie per essere presentata in parlamento. «L’unica via per cambiare le cose è l’iniziativa popolare», dice Aleksandr Kuzmin, membro del comitato referendario: «In parlamento è troppo forte la resistenza dei partiti al governo. Dare la cittadinanza ai nepilson, che appartengono al 99% alla minoranza russofona, significherebbe creare un enorme bacino di voti a favore delle opposizioni. La destra è al governo da vent’anni, gli interessi politici dietro il problema dei non cittadini sono troppo forti». Per la proposta di legge sono state raccolte 12mila firme, 2mila in più del minimo richiesto dalla Costituzione. Le firme sono ora al vaglio della commissione centrale elettorale che, se ne riconoscerà la validità, dovrà inviare la proposta al parlamento, il quale a sua volta voterà se trasformarla in legge o meno. «Ma noi sappiamo che non lo farà, e allora la proposta sarà automaticamente sottoposte a referendum popolare», Kuzmin ne è sicuro. Ma è qui che si verifica il paradosso più grande, perché i non cittadini, i diretti interessati all’esito del referendum, non godono dei diritti politici, non potranno cioè votare in favore della proposta di legge. Il loro futuro dipenderà ancora una volta dai cittadini lettoni. UNA FERITA NELL’EUROPA «Nessuno vuole risolvere il problema»: Aleksandr Filei va al cuore del problema. «La Russia non ha interesse a intervenire, perché gli uomini d’affari russi non vogliono rompere i rapporti commerciali con la Lettonia. Ma anche l’Ue non ha fatto niente per aiutarci». Eppure la questione dovrebbe toccare l’Europa molto da vicino. Perché, è bene ricordarlo, i possessori di quei passaporti viola, i non cittadini della Lettonia sono non cittadini dell’Unione europea. Questo vuol dire, tra le altre cose, che i nepilson non godono pienamente della libera circolazione come tutti gli altri e per andare in alcuni Paesi hanno addirittura bisogno del visto. Ma chiaramente il problema va ben oltre il regime dei visti: l’esistenza nel territorio dell’Unione di una grossa comunità di persone private dei diritti civili più basilari è una ferita profonda al cuore dell’Europa e delle sue istituzioni. Ottenere la cittadinanza non è impossibile. Chi presenta la domanda di naturalizzazione deve poter dimostrare di risiedere in Lettonia da prima dell’indipendenza e di non possedere la cittadinanza di nessun altro Paese, ma soprattutto deve superare un esame di lingua lettone. Sono sempre di meno quelli che riescono a completare la trafila: «Solo duemila nepilson hanno ottenuto il passaporto lettone lo scorso anno. Il test di lingua è diventato sempre più difficile, basta vedere quanti non riescono a superarlo. E parliamo di gente che è nata qui - continua Filei -. Nessuno parla di questo aspetto. Dovrebbe essere un esame per la verifica della conoscenza della lingua lavorativa e invece è pieno di domande sulla Costituzione lettone. Addirittura adesso se fai alcuni errori nel test scritto rischi di perdere il lavoro, quindi molti non vogliono neanche provarci». DUE LINGUE E UN SOLO PAESE La questione della lingua si ripercuote direttamente sui rapporti tra le due comunità e sulla loro integrazione e rischia di minare la coesione sociale del Paese. Secondo Kuzmin questo è un falso problema: «Ce n’è semmai uno che riguarda la disoccupazione, che tra i russofoni è più alta rispetto alla media nazionale per le maggiori difficoltà di accesso al mercato del lavoro. E poi c’è molta sfiducia nel sistema politico, ma non parlerei di problemi di integrazione». Aleksandr Filei la pensa in maniera leggermente diversa. «Ho tanti amici latyš, ma con loro è meglio lasciar stare gli argomenti politici», dice prima di lasciarsi andare a un accesso di nostal’gja inusuale per i suoi 24 anni: «Nei tempi sovietici non si parlava neanche di integrazione, nessuno badava alla nazionalità di provenienza dei cittadini, tutti vivevano in amicizia. Il rispetto delle minoranze era una cosa scontata in Urss, ma ora il governo lettone vuole scardinare un società che ha funzionato su un equilibrio multietnico per molti decenni. Il risultato è una dis-integrazione, ci sono due comunità ognuna con i propri media, la propria letteratura, la propria musica e i propri mezzi d’informazione. Probabilmente il loro scopo è dividere per dominare, proprio come gli antichi romani». Juri ha portato il proprio caso davanti alla Corte europea per i diritti dell’uomo, che forse metterà la parola fine. Ma a 22 anni dalla dissoluzione dell’impero sovietico la questione dei nepilson è più che mai aperta, e la strada referendaria sembra irta di ostacoli burocratici e politici. Quando anche l’ultimo non cittadino vedrà finalmente riconosciuta la cittadinanza del Paese che sente proprio, resterà l’amarezza delle persone che hanno trascorso la propria esistenza in una condizione di limbo giuridico. Come l’anziana madre di Juri: «Ha 85 anni. Dopo 45 passati in Lettonia tutto quello che ha è un passaporto con la scritta “non cittadina”. È come dire che aver vissuto e lavorato una vita intera qui non conta niente. Non è solo discriminante, fa male».
Danilo Elia
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Cuba, Vietnam,Iraq,Libia,Corea,Siria, Ucraina: I FALLIMENTI USA :IL DIRITTO DI ESSERE INFORMATI.
Crisi rublo-petrolio: la nuova Borodino
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«Coloro che sinceramente credono che gli Stati Uniti e l’Occidente abbiano scatenato una guerra economica contro la Russia a causa della sua posizione nei confronti dell’Ucraina, non hanno idea di quanto si sbaglino. In realtà, era tutto previsto da molto tempo, esattamente da un anno fa, quando si è tenuta una riunione a porte chiuse tra le alte autorità degli Stati Uniti e l’Arabia Saudita. Questo incontro è stato così segreto che anche il principe Bandar, capo dei servizi di intelligence sauditi, e il capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale, non ne seppero nulla.
[…] Così i rappresentanti della Casa Bianca hanno proposto alle autorità saudite di far scendere i prezzi del petrolio fino al livello di 50 dollari al barile, cosa che avrebbe presumibilmente minato l’influenza dell’Iran, costringendola a fare gravi concessioni sul proprio programma nucleare, e questo era proprio quello che Riyadh voleva. “L’Aspetto russo” non era esplicitamente sottolineato, anche se una volta che la crisi in Ucraina è iniziata, il presidente Obama ne ha parlato durante la sua visita al regno. I sauditi hanno dimostrato rigidità, dal momento che il calo dei prezzi del petrolio ha colpito i programmi sociali sauditi. In queste circostanze, Washington ha dovuto ricattare l’Arabia Saudita dato che aveva accumulato prove sufficienti contro la maggior parte membri della famiglia reale saudita, tra cui su gravi violazioni dei diritti umani e comportamenti immorali, che avrebbero potuto potenzialmente portato al perseguimento della dinastia degli Al Saud. Inoltre, gli Stati Uniti hanno fornito ai loro amici sauditi rapporti di intelligence sulla presenza di migliaia di sostenitori di Hezbollah nella provincia sciita, nella parte orientale del regno, i quali potrebbero iniziare la lotta armata contro il regime wahhabita in qualsiasi momento. […]
Washington ha dovuto attendere la crisi ucraina per iniziare a far cadere i prezzi del petrolio in modo da far sì che fossero concomitanti con l’introduzione di sanzioni anti-russe. Pertanto, nel gennaio 2014 gli USA hanno iniziato a compiere numerosi sforzi per destabilizzare la situazione in Ucraina, che si è conclusa con un golpe facilitato dagli oligarchi locali. Bisogna ammettere che il rovesciamento di Victor Yanukovych e il colpo di stato che ha avuto luogo a Kiev è andato secondo i piani di Washington, ma pochi si aspettavano che Mosca prendesse una posizione ferma in Crimea, e che il sud-est dell’Ucraina fosse trasformato in un centro della resistenza contro Kiev, che ha preso il potere nel paese illegalmente per il sostegno aperto e nascosto dell’Occidente.
Il calo dei prezzi del petrolio doveva iniziare a giugno, ma in quel momento il problema di ISIL è emerso come una seria sfida per la sicurezza regionale. Pertanto, sia gli Stati Uniti che i sauditi hanno dovuto prendere misure urgenti per impedire il crollo del Medio Oriente. […]
Ma nel mese di agosto, quando lo Stato Islamico è stato stabilizzato, i funzionari della Casa Bianca hanno iniziato ad applicare ancora una volta pressioni sull’Arabia Saudita, cosa che ha provocato il forte calo del prezzo del petrolio. Il gioco sporco è iniziato quando i sauditi iniziato a vendere petrolio a un prezzo inferiore a quello di mercato, cosa che ha provocato un crollo istantaneo dei prezzi. Allo stesso tempo, Washington ha annunciato la sua disponibilità a inondare i mercati con il suo petrolio di scisto, anche se queste affermazioni erano false, dal momento che l’attuale riserve di scisti degli Stati Uniti sono la metà di quelle annunciate. […]
Bisogna ammettere che gli esperti economici russi e i dipartimenti finanziari sono andati in panico per un breve lasso di tempo. Ad un certo punto sembrava che il rublo stesse per sgretolarsi. Ma poi la situazione è cambiata. Il Regno Unito, che stava giocando un ruolo nel complotto contro la Russia, ha annunciato che il costo di produzione di petrolio nel Mare del Nord non ha permesso loro di ottenere più di 2 dollari di profitto per barile venduto. British Petroleum ha dato l’allarme, annunciando che era sul punto di fermare la produzione di petrolio. E c’è ancora la Norvegia, che estrae petrolio nel Mare del Nord. Gli alleati europei degli Stati Uniti hanno perso la voglia di pagare per le ambizioni politiche di Washington, che era impaziente di andare contro Mosca. Ma ciò che è ancora più importante – il regno saudita ha cominciato a sgretolarsi. Una ondata di attentati terroristici ha colpito la Provincia Orientale, mentre il conflitto sciiti-sunniti è diventato più teso. La classe dirigente locale, che ha visto crollare i propri redditi, ha iniziato a diventare sempre più frustrata dalle azioni della famiglia Al Saud. Un drastico calo dei finanziamenti della sicurezza sociale ha provocato massicci disordini tra la gente comune del Paese. In questo contesto, l’ISIL ha annunciato che sta ampliando la sua area operativa all’Arabia Saudita. I pilastri dell’economia della Russia non sono crollati, quindi Barack Obama è rimasto con niente di meglio da fare che guardare il rafforzarsi del rublo e la graduale stabilizzazione economica in Russia. Di sicuro, Mosca e russi hanno pagato il prezzo per la dipendenza della Russia sulle vendite di petrolio e gas. Ma a questo punto non c’è politico russo che si faccia illusioni circa la natura delle azioni degli Stati Uniti e le azioni dei suoi alleati europei e sauditi. […] A partire da ora, l’Arabia Saudita sta seguendo un percorso che può portare solo al collasso del regime al potere. L’America è pronta a sacrificare il suo alleato solo per cercare di danneggiare un altro po’ l’economia russa1.»
Ci si perdoni la lunga citazione, ma era necessaria. In questi giorni, infatti, abbiamo assistito con un misto di rassegnato divertimento e di disgusto, all’ennesimo psicodramma in casa russofila (dei wishful thinking in casa americanista taciamo per riguardo alla decenza); la «crisi» del rublo e il crollo dei prezzi del petrolio, che per poco non hanno indotto una serie di suicidi alla Mishima (e forse non sarebbe stato un male!) o un’emigrazione in massa in Corea del Nord o a Cuba.
Occorre guardare le cose per come sono, non per come vorremmo che fossero. E le cose stanno così: da una parte c’è troppa emotività, dall’altra anche i più accaniti antiamericani in verità sono profondamente intrisi di americanismo. Non nel senso che siano venduti, corrotti, etc, ma solo che, inconsciamente, sono davvero convinti che gli USA siano un Paese speciale e, come tale, invincibile, indistruttibile, addirittura sempre vittorioso (Corea, Vietnam, Cuba, Siria e, recentemente, Ucraina, sono lì a testimoniare i loro numerosi fallimenti).
Paradossalmente, i russi, che pure erano investiti dalla bufera, hanno mantenuto in generale una calma olimpica, mentre gli italiani russofili (sugli americanofili stendiamo l’ennesimo velo pietoso) erano in preda a una sequela di crisi isteriche (una dietro l’altra). Ancora, altrettanto paradossalmente, forse gli americani sono meno convinti dell’onnipotenza americani, rispetto agli antiamericani stessi!
In realtà, facemmo notare (con commenti su Facebook) che la questione presente ci pareva sin dall’inizio la classica tempesta in un bicchier d’acqua (e lo era, ma non così l’hanno percepita i molti); questo per numerose ragioni, che elencheremo in ordine sparso:
- L’economia russa era comunque solida, avendo poco o punto debito estero
- Si trattava di una tempesta speculativa: mantenendo la calma era possibile uscirne fuori, perché quel calo NON corrispondeva al valore reale del rublo (cosa che i cinesi hanno sottolineato sin da subito)
- La leadership russa è meno stupida di come la fanno detrattori e amici nervosi, e quindi sapevano di che si trattava e di certo sapevano che occorre mantenere la calma, come quando si incontra un serpente velenoso.
- La Cina si era appena legata per 30 anni alla Russia (per il gas, 25 per il petrolio). Poi c’erano i BRICS, la SCO, etc. Difficile che i cinesi, tra l’altro sempre più in sintonia con la Russia (dall’Ucraina, alla Corea del Nord), e poi stupidamente attaccati dagli americani (tentato golpe di Hong-Kong, oltre ai continui proclami sediziosi del Dalai Lama) lascino che Washington distrugga il loro principale alleato, nonché fornitore energetico (ma anche militare). Senza contare che, una volta eliminata Mosca, Pechino diverrebbe il nuovo bersaglio principale. Quindi i cinesi, in caso di bisogno, sarebbero intervenuti, e addio speculazione.I fatti ci hanno dato ragione: la Cina ha offerto il proprio aiuto alla Russia2.
«Nei giorni scorsi, quando il rublo arrivò a sprofondare a un tasso di cambio di 80 contro il dollaro e 100 contro l’euro, vi avevamo documentati delle indiscrezioni, secondo le quali la Banca di Russia stesse vendendo l’oro delle riserve, in modo da sostenere la valuta. In tale direzione è andato un paio di giorni fa anche un report di Société Générale, che ipotizzava una cessione di oro a dicembre.
Ma i dati rilasciati dalla stessa banca centrale russa sembrerebbero andare nella direzione opposta: a novembre ha acquistato altre 600.000 once di oro, ossia altre più di 17 tonnellate, portando le riserve complessive di lingotti a 1.182 tonnellate, che al prezzo attuale di 1.197 dollari l’oncia varrebbero 45,7 miliardi di dollari, oltre il 10% del valore totale delle riserve dell’istituto.
[…]
D’altronde, non si capirebbe altrimenti la politica di Mosca, che non esporta all’estero oro fisico, mentre la banca centrale acquista l’oro prodotto nella nazione, sebbene sia realistico ipotizzare che lo compri, in alcuni periodi, anche sui mercati internazionali.
Stamane, il rublo ha guadagnato oltre il 4%, dopo che il ministro degli Esteri della Cina, Wang Yi, ha aperto al sostegno del rublo, dichiarando che tra il suo paese sarebbe pronto ad ampliare le operazioni di swap tra le rispettive valute e che molti più scambi potrebbero da ora in poi essere regolati in yuan, la valuta cinese, in modo da non passare per il dollaro.
L’annuncio è molto importante, perché sottolinea la volontà di Pechino di non consentire che l’Occidente danneggi eccessivamente Mosca. Ricordiamoci che il governo cinese è intervenuto in questi mesi anche in soccorso di altri due paesi, tempestati da una crisi valutaria, Argentina e Venezuela, concedendo loro prestiti, in modo da aumentare le relative riserve.
Al momento, il cambio tra rublo e dollaro è di 56,46, mentre un’unità della moneta unica si scambia contro 69,25 rubli.»3
In altre parole, questa crisi (e, lo ricordiamo, il carattere cinese per «crisi» è lo stesso usato per la parola «opportunità») come anche quella ucraina, siriana, nord coreana, il tentato (e miseramente fallito) golpe di Hong Kong, etc, non farà altro che avvicinare ulteriormente Russia e Cina. I russi hanno sofferto? Certo, ma non hanno subito una sconfitta decisiva, tutt’altro: si profila all’orizzonte una vittoria strategica. Dopo l’esultanza iniziale di americani e persone a essi soggetti, in parecchi, in occidente, finiranno per strapparsi i capelli. Una vittoria tattica spesso, molto spesso, può trasformarsi in una catastrofe strategica. Napoleone, Hitler, Carlo XII di Svezia, tutti bravissimi a vincere battaglie, poi persero la guerra proprio contro i russi. L’esempio più eclatante è quello della battaglia di Borodino, vinta da Napoleone, seppure soffrendo perdite micidiali, che però non distrusse del tutto le forze russe, né tanto meno piegò la loro volontà di proseguire la lotta. Il giorno dopo la battaglia, il Generale Kutusov, comandante delle forze russe, si ritirò con ordine, per ricostituire le forze. Di lì a poco, nonostante la presa di Mosca, i francesi furono costretti a ritirarsi. Il resto è storia, e Napoleone nonostante le battaglie vinte, perse l’impero.
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