D'ALEMA : PERCHE' ABBIAMO PERSO.


Massimo D’Alema analizza il voto del 4 marzo che lo ha visto clamorosamente uscire sconfitto dalla sua corsa al Senato come candidato Leu. In un intervento pubblicato sul Manifesto, scrive: “Ad un paese che voleva voltare pagina nessuno ha saputo offrire, a sinistra, una proposta realmente nuova” e “non ce la possiamo cavare evocando la categoria ambigua del populismo. Da quella parte è andato un pezzo grande del nostro popolo, che non può essere guardato con sufficienza e disprezzo”.
“Anche per questo credo che sia sbagliato mettere sullo stesso piano 5Stelle e la destra della Lega e spingere verso un ‘patto tra i populisti’, giocando così al tanto peggio tanto meglio”, “ma forse è pretendere troppo che il centrosinistra esca così presto dallo choc e riprenda a fare politica. Prima senza dubbio bisogna delineare il cammino della ricostruzione. Per il Pd c’è il dovere di una radicale discontinuità rispetto a questi ultimi anni” e “Liberi e Uguali ha il dovere di non sciogliere i ranghi. Un milione e centomila voti, in gran parte di elettorato militante e non di opinione, non sono una forza irrilevante se si considera che il maggior partito del centrosinistra ha avuto sei milioni di voti. Per questo Liberi e Uguali deve organizzarsi, non per chiudersi in una autosufficienza minoritaria che non avrebbe alcun senso, ma per proporsi come elemento propulsore della costruzione di un nuovo centrosinistra”.
Secondo D’Alema l’affermarsi delle forze anti-sistema “è un fenomeno europeo” ma in Italia “questa spinta si è manifestata in forme estreme, riproponendo il nostro paese come una sorta di anello debole della catena delle democrazie europee o, se si preferisce, di laboratorio politico”, ma “è evidente che o l’Unione Europea sarà concretamente in grado di orientarsi verso la crescita, l’inclusione sociale e la tutela dei cittadini del nostro continente, oppure l’ondata ‘sovranista’ e antieuropea metterà a rischio i fondamenti stessi dell’integrazione”.
Quel che è certo, osserva D’Alema, è che “un lungo periodo storico si è concluso con un risultato elettorale che segna una svolta da cui il Paese difficilmente tornerà indietro”.


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